La vita spirituale e sociale dei cappuccini in Francia

PARTE QUARTA

ESPANSIONE E INCULTURAZIONE

SEZIONE PRIMA

II

INTRODUZIONE

a cura di
OPTATUS VAN ASSELDONK

I FRATI CAPPUCCINI. Documenti e Testimonianze del Primo Secolo. A cura di COSTANZO CARGNONI. Roma 1982, IV, 171-177.

Con la protezione della regina-madre Caterina de’ Medici, i cappuccini italiani, dal 1575 in poi, riuscirono a stabilirsi nel territorio francese, iniziando da Parigi. Dopo un primo governo dei frati «milanesi», sotto la guida di Mattia Bellintani da Salò,[1] gran predicatore, e scrittore spirituale particolarmente sulla pratica dell’orazione mentale, a partire dal 1578 il ministro generale Girolamo da Montefiore (1575-1581) affidò la direzione dei cappuccini in Francia ai frati delle Marche. Essi erano conosciuti per il loro integralismo francescano-cappuccino, di cui lo stesso generale fu un tipico esempio. Tra questi spiccano Anselmo da Tiano, primo commissario generale a Parigi, Bernardo d’Osimo, ministro provinciale dal 1581, Giuliano da Camerino, maestro dei novizi al convento di Saint-Honoré, Felice da Lapedona, futuro confondatore dei cappuccini in Belgio e formatore dei candidati e infine Girolamo da Castelferretti, guardiano a Parigi, successivamente ministro provinciale e finalmente ministro generale per ben otto anni.

L’accenno a questa linea «marchigiana»[2] è importante per capire meglio l’austero tenore di vita e la spiritualità nettamente mistica dei primi cappuccini francesi della provincia di Parigi, come pure, alquanto più tardi, dei primi cappuccini belgi, molti dei quali formati prima in Francia.

Scrivendo su Onorato Champigny da Parigi, compagno di noviziato di Benedetto da Canfield, su Angelo da Joyeuse, Arcangelo Ripaut da Pembrock e Leonardo da Parigi, nell’anno 1587, essendo maestro dei novizi Giuliano da Camerino, guardiano Girolamo da Castel-ferretti e provinciale Bernardo d’Osimo, J. Mauzaize così sintetizza le sue ricerche analitiche sulla provincia di Parigi:

«L’ispirazione rigidamente eremitica delle origini aveva ceduto il posto a un impegno più apostolico e non pochi dei “poveri eremiti” delle origini si erano rivelati ferventi oratori e brillanti controversisti. Il numero dei religiosi cresceva continuamente: 111 nel 1596, 173 nel 1599 e, secondo i dati statistici presentati al capitolo generale, nel 1602 i frati in Francia erano 308, distribuiti in 16 conventi e così ripartiti: 126 sacerdoti, dei quali 30 predicatori, 83 studenti e 99 fratelli. La causa di questo successo va ricercata nella loro vita austera […]. La Francia ne avvertiva acutamente il bisogno a motivo del lusso e delle sregolatezze degli ultimi Valois, che avevano favorito miseria e disordini morali.

A poco a poco la loro attività caritativa li rese popolari: incendi, carestie, epidemie, oltre che la loro predicazione e il loro amore per i poveri, conciliarono ad essi la fiducia e la simpatia del popolo.

La parte da essi avuta nel movimento di rinnovamento spirituale verificatosi nel primo trentennio del Seicento e l’opera svolta per la riforma dei monasteri fecero affluire numerose vocazioni ai loro conventi da ogni classe sociale: nobiltà dello spirito e del sangue, uomini borghesi e della borsa piena, intellettuali e umanisti. Tale era la provincia di Parigi quando, nel 1587, Carlo Bochart de Champigny chiese di essere ammesso tra i cappuccini».[3]

Altrove l’autore accenna specialmente alla pratica della meditazione quotidiana vissuta e predicata dai cappuccini tra la gente. Essa rispondeva grandemente al bisogno di interiorità allora fortemente sentita come reazione alle tante guerre politico-religiose. Per mezzo di questa pratica, aperta all’esperienza anche mistica di Dio, i primi cappuccini francesi contribuirono profondamente alla creazione del grande secolo d’oro, il XVII, che alla fine del Cinquecento stava appunto iniziando, tra l’altro, nel circolo parigino di Madame Acarie, dove si radunavano il giovane De Bérulle, il certosino Beaucousin e il cappuccino inglese Benedetto da Canfield.[4]

Dopo il concilio di Trento, durante la controriforma, la Chiesa considerò i cappuccini, accanto ai gesuiti, come forza rinnovatrice nei paesi minacciati dal protestantesimo e come apostoli delle campagne abbandonate dalla cultura rinascimentale, anche ecclesiastica. E i governi civili li salutarono come validi collaboratori nei tempi di desolazione delle frequenti epidemie. Questa assistenza sanitaria è stata uno dei motivi più convincenti per far venire i cappuccini dall’Italia nei paesi d’Oltralpe, come in Francia, Belgio e Olanda. E il sacrificio di molte centinaia di confratelli che diedero la vita in questo servizio generoso all’umanità sofferente non è stato vano.[5]

Per quanto riguarda la spiritualità ci troviamo di fronte a un misticismo assai simile a quello dei primi cappuccini in Italia. Costoro, venendo in Francia e nel Belgio, indubbiamente vi hanno portato questo preciso clima. Si tratta infatti di una osservanza spirituale «mistica» della Regola evangelica, ispirata particolarmente dai capitoli 5 e 10 della Regola bollata, dove si parla dello spirito di preghiera al quale tutte le cose temporali devono essere soggette, e dello Spirito del Signore, soprattutto desiderabile e che santamente opera lo spirito e la vita di preghiera con cuore puro e dona pazienza e umiltà nelle sofferenze e persecuzioni.

L’osservanza «spirituale», semplice e pura, come si legge nel Testamento di Francesco d’Assisi, sotto l’influsso dello Spirito Santo conduce l’anima all’unione intima, anche mistica, con il Signore nostro Gesù Cristo, povero, umile e crocifisso, Figlio del Padre, Dio-Uomo.

Questo misticismo cristocentrico-trinitario, che si può chiamare francescano, subisce fortemente anche l’influsso della Devotio moderna e della scuola cosiddetta nordica, i cui capi principali sono Enrico van Herp, Giovanni Ruusbroec, Giovanni Tauler ecc. i quali a loro volta dipendono dalla corrente bonaventuriana e ubertiniana.[6] I nessi storici diretti sono Bartolomeo Cordoni da Città di Castello e Giovanni Pili da Fano, senza dimenticare Margherita Porete, il cui Specchio delle anime semplici era da essi molto stimato.[7]

In questo misticismo, sulla cui ortodossia oggi si può dare un giudizio positivo, si nascondeva però un grave rischio di eccessiva passività e di ingenuo illuminismo «quietistico» per quelli che non erano preparati e guidati bene. Questo pericolo si era già manifestato tra i primi cappuccini, particolarmente nel periodo di Ludovico da Fossombrone e di Bernardino Ochino. Il primo esagerò l’aspetto eremitico-contemplativo, l’altro trascurò la preghiera e le opere di penitenza, affidandosi alla sola fede-fiducia.[8] In Francia e in Belgio questa mistica sublime, non senza esiti alquanto ambigui, scaturisce e si sviluppa attorno alla persona e dottrina di Benedetto da Canfield (doc. 1) e dei suoi seguaci.

E come in Italia, particolarmente nel clima della Chiesa «tridentina» controriformistica e antiprotestante, non mancò la critica contro questa corrente spirituale «nordica», e lo stesso avvenne nell’Ordine cappuccino, così anche in Francia e nei Paesi Bassi la reazione antimistica si fece presto sentire. Infatti questo alto misticismo esponeva la gente semplice, non ben formata e mal guidata, a grandi rischi nella vita pratica. I veri mistici, come santa Teresa d’Avila e san Giovanni della Croce, si lamentavano della mancanza di direttori spirituali e della incomprensione dei teologi che diffidavano della terminologia «sperimentale» mistica.[9]

La storia dimostra che i cappuccini italiani, francesi e belgi, hanno saputo superare, benché non senza difficoltà, i rischi inerenti al loro grande ideale di riforma nella Chiesa e nel mondo, fondandosi sullo spirito che dà vita al di là di ogni letteralismo che uccide.[10]

In Italia il paladino convinto e prudente fu il ministro generale Girolamo Geradoni da Castelferretti, ben al corrente dei problemi dibattuti in Francia e nel Belgio.[11] In Francia troviamo Giuseppe Tremblay da Parigi (doc. 4), Lorenzo da Parigi (doc. 2), Onorato Champigny da Parigi (doc. 3). Nei Paesi Bassi Constantino di Barbanson, Cipriano Crousers d’Anversa, Giovanni Evangelista di Bois-le-Duc.[12] Questi autori nella loro dottrina mistica cercano di spiegare, correggere e adattare alla pratica della gente la dottrina di Canfield, che stava al centro della controversia mistica.

Per conservare e continuare questa tradizione mistica nella pratica della vita quotidiana, diede un grande contributo, ad esempio, Marziale d’Étamps (+ 1635), per lunghi anni maestro dei novizi (1614-1634), e autore di un libro manuale molto stimato (doc. 5). In tal modo i frati impararono a vivere la preghiera cosiddetta di Francesco Deus meus et omnia, e le parole della Regola bollata, cap. 10, che valorizzano soprattutto «lo Spirito del Signore e la sua santa operazione».

Lo stesso fine intesero e proposero Paolo da Lagny e Giuseppe da Dreux nei loro libri sulla Conduite intérieure, condotta interiore durante la giornata del cappuccino, di cui l’esercizio centrale fosse sempre di vivere l’intenzione pura della volontà di Dio, la gloria di Dio, l’amore puro o la presenza di Dio (doc. 7): parole diverse, ma pienamente identiche nella sostanza alla dottrina spirituale che Benedetto da Canfield, Lorenzo da Parigi, Giuseppe da Parigi e Marziale d’Étampes avevano insegnato all’inizio del secolo nei primordi della provincia cappuccina di Parigi.

Di questa tradizione francescano-cappuccina Bernardino da Parigi nel 1665 darà una precisa sintesi, basata sul capitolo 10 della Regola bollata e sulle costituzioni cappuccine (doc. 6). Noi riconosciamo in essa specialmente la mistica di Giuseppe da Parigi e di Onorato da Parigi, ma anche quella di Benedetto da Canfield e di Lorenzo da Parigi, cioè la priorità dello spirito sulla lettera nella vita di amore puro, una tradizione «cappuccina» coltivata fin dagli inizi dell’Ordine e sempre conservata, malgrado le varie difficoltà incontrate.[13]

La base sicura si trovava nelle stesse costituzioni del 1536, in cui l’osservanza «spirituale» della Regola bollata, alla luce del Testamento di san Francesco e della sua vita esemplare, portava a desiderare soprattutto lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, e questo non soltanto nella preghiera, ma anche in tutta la vita di carità, di lavoro e di apostolato pluriforme. Lo Spirito, infatti, dà vita; lo Spirito è Vita.[14]

  1. Sul commissariato del Bellintani in Francia cf. sopra, nn. 9127-9130.
  2. L’aspetto «marchigiano» viene espressamente accennato da Godefroy de Paris, particolarmente in: Les Frères Mineurs Capucins en France III, Paris 1950, 439-461. Per l’integralismo francescano dei cappuccini delle Marche cf. Callisto Urbanelli, Storia dei cappuccini delle Marche I/2, Ancona 1978, 335-351, 411-465, dove l’a. mette in evidenza anche i rapporti con la Francia e il Belgio, troppo spesso lasciati in ombra dalla storiografia.
  3. Cf. J. Mauzaize, Padre Onorato da Parigi modello e maestro di vita spirituale, in Santi e santità nell’Ordine cappuccino. I: Il Cinque e il Seicento, a cura di Mariano D’Alatri, Roma 1980, 175s.
  4. Cf. J. Mauzaize, La vie des premiers Capucins en France, in La Réforme capucine (1575-1625). Un siècle de Renaissance franciscaine. Sessions de Dinard (novembre 1982) et de Valpré (avril 1983), [Paris 1983], 58s.
  5. Ibid., 54, 57-63.
  6. Il rapporto intimo della contemplazione con il capitolo 10 della Regola bollata, che riguarda l’osservanza «spirituale» e lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, ritorna non di rado nelle prime Cronache dell’Ordine cappuccino, come in Bernardino da Colpetrazzo e Paolo da Foligno (cf. MHOC II, 400; III, 18, 174-176; VII, 173s). Sulle relazioni tra i primi cappuccini e la corrente «nordica» cf. Optatus van Asseldonk, La rèforme des frères mineurs capucins dans l’Ordre franciscain et dans l’Eglise, in CF 35 (1965) 55-70; id., Frères Mineurs: IV. Spiritualité franciscaine aux 16e et 17e siècles (Age d’or des capucins), in Dict. Spi. V, Paris 1962-1964, 1347-1391; id., La spiritualité franciscaine du 16° au 18° siècle, in Laurent. 21 (1980) 94-109.
  7. I rapporti tra Bartolomeo Cordoni, Margherita Porete e i primi cappuccini è scoperto da C. Cargnoni, Fonti, tendenze e sviluppi della letteratura spirituale cappuccina primitiva, in CF 48 (1978) 311-398; id., L’apostolato dei cappuccini come «redundantia di amore», in IF 53 (1979) 569-593. Per uno studio complessivo del cristocentrismo trinitario «francescano-cappuccino» che parte da Francesco e, attraverso san Bonaventura e Ubertino da Casale, giunge fino ai primi cappuccini in Italia, Francia e Belgio cf. Optatus van Asseldonk, François d’Assise, imitateur du Christ crucifié, Dieu-Homme, dans la tradition franciscaine et capucine, in CF 52 (1982) 117-143; id., Le Christ crucifié, Dieu-Homme, dans la doctrine de Benoît de Canfield, in Laurent. 24 (1983) 328-430.
  8. Questo fatto storico tra i primi cappuccini non è stato finora molto rilevato. Per questo motivo diamo qui le fonti principali ricavate dalle Cronache maggiori dell’Ordine, ossia da Bernardino Croli da Colpetrazzo, Mattia Bellintani da Salò e Paolo Vitelleschi da Foligno: cf. MHOC II, 24 n. 4, 211-221, 387389, 400; III, 18, 31, 76-80, 174-176, 185-189, 250s, 2585, 290, 3415, 404-406; IV, 14, 1835, 189-191; V, 151; VII, 172-174, 435-437. Da questi testi si può notare chiaramente in alcuni frati la tendenza a fuggire la vita comunitaria di preghiera e di lavoro col pretesto di voler vivere da eremiti solitari nel «deserto», affidandosi più passivamente alla contemplazione. Sul caso speciale di Ochino e seguaci ci informa C. Cargnoni, sia negli studi già indicati nella nota precedente, sia nel Dict. Spirt. XI, Paris 1982, 576-590 (v. Ochino).
  9. Una breve sintesi della situazione «mistica» europea nei secoli XVI-XVII, con la bibliografia fondamentale, si trova nello studio di Optatus van Asseldonk, Le Christ crucifté cit., 331-333. Sul pericolo di un «illuminismo» pre-quietistico cf. Dict. Spir. VII/2, Paris 1971, 1367-1391 (E. De la Virgen del Carmen). Il problema principale fu il rapporto tra la meditazione (molto apprezzata) e la contemplazione «attiva» e «passiva» o mistica, particolarmente in riferimento alla collaborazione personale dell’uomo sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. Vedi anche R. Guarnieri, Frères du libre esprit, in Dict. Spir. V, Paris 1962-1964, 1241-1268. Il giudizio assai severo sul movimento è però discutibile. Viene trattato anche il ruolo della Porete.
  10. Per i cappuccini italiani si vedano gli studi di C. Cargnoni già indicati; per il problema «mistico» cappuccino sollevatosi all’inizio del Seicento, e i rapporti italo-francesi-belgi a questo riguardo, si consultino gli studi specializzati, ad esempio quelli di Dagens, Cognet, Orcibal, Hildebrand da Hooglede, Porteman, Gullick, Mommaers, Martin, indicati negli studi di Optatus van Asseldonk, La spiritualité franciscaine cit., 98-103; Le Christ crucifié cit., 331-339. Questo problema, allora di portata «europea», è stato studiato con grande interesse anche fuori dell’Ordine cappuccino. Gli studi principali saranno indicati più tardi, trattando concretamente dei singoli autori spirituali. Ancora oggi questo problema «cristologico» si trova al centro dell’attenzione mistica, senza che abbia finora ricevuto una soluzione soddisfacente. Si tratta, cioè, del ruolo essenziale del Cristo, Dio-Uomo, per tutta la vita spirituale, anche mistica. Sembra doveroso menzionare a questo punto il famoso studio di H. Bremond, Histoire du sentiment religieux en France, che ha il merito di aver scoperto per primo la presenza e l’importanza dei cappuccini nel secolo d’oro francese. Oggi siamo in grado di apprezzare e di illustrare meglio l’importanza «europea» di questa sua intuizione originale.
  11. Il ruolo importante svolto a questo riguardo da Girolamo da Castelferretti non risulta dalle Cronache dell’Ordine cappuccino, dovesi rivela, in genere, la sua straordinaria prudenza, giustizia e saggezza, insieme al suo zelo per la povertà e penitenza, accompagnate da una sollecitudine fraternamaterna. Cf. Antonio Olgiati da Como, Annali dell’Ordine de’ Frati Minori Cappuccini 1II/2, Milano 1711, 482-496.
  12. Circa questi autori vedi più avanti nella sezione II, docc. 9, 18 e 19.
  13. La bibliografia fondamentale sarà indicata per ciascun autore, prima delle testimonianze singole. Per il contesto generale del tempo serve molto il Dict. Spir. V, 891-953 (France: secoli 16-18); XII/1, Paris 1984, 713-755 (Pays-Bas: secoli 16-18), voci curate da P. Mommaers, dove il ruolo «cappuccino» è ben spiegato.
  14. Una breve sintesi della spiritualità dei cappuccini francesi e di alcuni autori principali, come Benedetto da Canfield, Lorenzo da Parigi, Giuseppe da Parigi e Marziale d’Étampes si può trovare nel saggio di Optatus van Asseldonk, L’identité spirituelle des Capucins en France, in La Réforme capucine en France (1575-1625) cit., 65-82, dove però mancano alcuni elementi qui aggiunti. — Per uno studio più articolato di questo tema che ha caratterizzato le ricerche di Optatus (da Veghel) van Asseldonk, si vedano i suoi due massicci volumi, editi a Roma nel 1985, intitolati: La lettera e lo spirito. Tensione vitale nel francescanesimo ieri e oggi (n.d.E.).