1. BOLLA «RELIGIONIS ZELUS» DI CLEMENTE VII

PARTE PRIMA SEZIONE PRIMA

EDIZIONE DEI DOCUMENTI PONTIFICI

Traduzione e note di
RENATO GASTALDI
e
COSTANZO CARGNONI

I FRATI CAPPUCCINI. Documenti e Testimonianze del Primo Secolo. A cura di COSTANZO CARGNONI. Roma 1982, 61-69.

1. BOLLA «RELIGIONIS ZELUS» DI CLEMENTE VII

Viterbo, 3 luglio 1528. – Ai fratelli Ludovico e Raffaele da Fossombrone, sià osservanti, sotto la protezione dei conventuali per condurre vita eremitica e osservare la Regola integralmente, viene concesso: assoluzione da ogni censura e pena ecclesiastica; portare l’abito con cappuccio quadrato; ricevere candidati; portare la barba; ritirarsi nei romitori, e mendicare ovunque; godere «aeque principaliter» dei privilegi, indulti e grazie concesse e da concedersi all’Ordine dei frati minori e agli eremiti camaldolesi. Seguono le pene contro i contravventori, le clausole derogatorie e il mandato esecutorio.

Fonte: AGO, QA 220, h. 240, transunto autentico del 10 luglio 1579; edizione critica in CF 48 (1978) 243-248 e in AO 94 (1978) 303-306; C. Urbanelli, Storia III/1, 30-32. Cf. AC I, 94-96; BC I, 3s; AM XVI, 294-296 (257s); BR VI, 113-115. Si veda supra, nota 15.

1 Clemente vescovo, servo dei servi di Dio, ai diletti figli Ludovico e Raffaele da Fossombrone, professi dall’Ordine dei frati minori, salute e apostolica benedizione.

2 1. Lo zelo della religione, la bontà di vita e di costumi, ed altri meriti lodevoli di onestà e di virtù, a motivo dei quali siete a noi raccomandati da persone degne di fede,[1] ci spingono ad accondiscendere con favore, quanto ci è possibile nel Signore, ai vostri desideri, specialmente a quelli che riguardano la salvezza delle anime e la propagazione della religione.

3 2. La supplica che ci avete presentato recentemente afferma che voi, in passato, mossi dal desiderio di servire l’Altissimo, entraste nell’Ordine dei frati minori detti dell’Osservanza, nel quale, emessa la professione, siete vissuti per qualche tempo; ottenuta poi la licenza del vostro superiore di quel tempo,[2] conforme alle lettere apostoliche relative all’unione e alla concordia tra detti frati e quelli chiamati conventuali,[3] vi siete uniti a questi, accolti benevolmente dal loro maestro provinciale delle Marche,[4] aggregandovi ai frati e alla circoscrizione di quella provincia. Successivamente, poiché per la salute delle vostre anime e la gloria di Dio desideravate condurre una vita eremitica e osservare la Regola del beato Francesco quanto lo consente l’umana fragilità, il predetto maestro provinciale vi diede licenza di accedere alla curia romana per impetrare da noi e dalla Sede Apostolica quanto vi sembrava opportuno chiedere e ottenere a salvezza dell’anima vostra e a gloria di Dio.

4 3. Anche il nostro diletto figlio Andrea, cardinale dell’Ordine dei Preti e del titolo di santa Prisca, protettore del predetto Ordine,[5] vi autorizzò a presentare detta supplica, in modo tale però, che uno del vostro gruppo debba presentarsi ogni anno, in segno di sottomissione a nome di voi tutti, al maestro provinciale o al capitolo della provincia dei frati conventuali in cui abiterete; inoltre, che detto maestro provinciale possa visitarvi, se lo riterrà opportuno, una volta l’anno e non di più, e, qualora riscontrasse che non osservate la Regola predetta, ammonirvi perché la osserviate in modo piú perfetto, costringendovi nei debiti modi; oltre a questo, pero, egli non possa trasferirvi da luogo a logo, né ingiungervi o esigere alcunché, ma

piuttosto sia tenuto a proteggervi e difendere, affinché possiate servire in pace l’Altissimo nelle cose divine, come si afferma sia contenuto molto chiaramente sopra questa materia nelle lettere patenti dello stesso cardinale protettore e del maestro provinciale.

5 4. Perciò ci venne rivolta umilmente la supplica da parte vostra, che ci degniamo concedervi, per benignità apostolica, di condurre questo tipo di vita eremitica, e provvediamo in modo opportuno alle altre cose sopra premesse.

6 5. Noi dunque, desiderando la salvezza della anime, assolviamo ognuno di voi e riteniamo assolto, qualora ne fosse in qualche modo colpito, da qualsiasi censura, pena e altre sentenze ecclesiastiche di scomunica, sospensione e interdetto,[6] sia a iure, sia ab homine, esclusivamente in ordine all’effetto delle presenti lettere; ritenendo poi sufficientemente esplicite sia le predette lettere, sia il loro contenuto, vi concediamo per autorità apostolica, a tenore delle presenti, di condurre vita eremitica secondo la Regola predetta;[7]

o in e di portare l’abito col cappuccio quadrato;[8]

di ricevere nella vostra comunità chiunque, sia chierico secolare o sacerdote, sia laico;[9]

di portare la barba, tanto loro quanto voi;[10]

di ritirarvi in qualsiasi romitorio o luogo, previo consenso dei signori di tali luoghi, e in essi dimorare, condurre vita austera ed eremitica e mendicare ovunque;

e vi concediamo una licenza e facoltà piena e libera di usare, possedere e godere aeque principaliter, liberamente e lecitamente, tutti e singoli i privilegi, gli indulti e le grazie, concessi fino ad oggi o elargiti in futuro, sia in genere che in specie, all’Ordine dei frati minori e all’eremo dei camaldolesi del beato Romualdo e ai suoi eremiti, nello stesso modo in cui li usano, li posseggono e ne godono loro o ne godranno in future.[11]

7 6. Ordiniamo inoltre, con questi scritti apostolici, a tutti e singoli gli arcivescovi, vescovi, abbati e a tutti i dignitari ecclesiastici, ai canonici delle chiese metropolitane o di altre chiese cattedrali, ai vicari generali dei predetti arcivescovi, vescovi e abbati, di prestarvi personalmente o per mezzo di altri un’ efficace difesa, e di mettervi in

grado, tutti e ciascuno, di usufruire e godere in pace di tutte e singole le facoltà premesse, e di non permettere che alcuno di voi venga molestato, impedito, ovvero inquietato contravvenendo alle presenti lettere. Perseguano anzi, a loro discrezione, qualunque contravventore o ribelle mediante censure e pene o altri provvedimenti legali, senza concessione di appello, e ricorrendo, se necessario, al braccio secolare.

8 7. Non contrastano né la costituzione apostolica di Bonifacio VIII, nostro predecessore, emanata in una dieta e, nel concilio generale, in due diete,[12] né altre costituzioni o disposizioni pontificie; né gli statuti o consuetudini di detto Ordine, anche se confermati con giuramento o approvati dalla Sede Apostolica o rafforzati con altri vincoli; neppure privilegi, indulti o lettere apostoliche concesse da qualsiasi

romano pontefice nostro predecessore o anche da noi stessi o dalla Sede Apostolica, sia con vigore di legge generale o di statuto perpetuo, sia motu proprio, per scienza certa, con la pienezza della nostra potestà; con qualsiasi genere di clausole: invalidanti, abrogatorie, annullati. ve, revocative, preservative, limitative, ripristinatici, dichiarative, attestatrici, derogative di deroghe, prevalenti fra tutte, efficacissime ed insolite, concesse, confermate e rinnovate piú volte in qualunque modo in concistoro. A tutte, per questa volta soltanto, rimanendo esse per il resto nel loro vigore, nonostante qualunque cosa in contrario, deroghiamo espressamente e in modo speciale, anche nei casi in cui, per ottenere una deroga efficace, è necessaria una menzione speciale di esse e di tutto il loro contenuto, parola per parola, e non siano sufficienti clausole generali anche se equivalenti, ma si debba fare espressa menzione od osservare una determinata forma apposita e si affermi espressamente che ad esse non si può assolutamente derogare; ritenendo, con le presenti lettere, espresso sufficientemente il loro contenuto, come riprodotto parola per parola, e osservate le modalità e forme stabilite specificamente in materia.

9 8. A nessuno perciò sia lecito, fra gli uomini, infrangere questa pagina della nostra assoluzione, concessione, disposizione e deroga, o, con ardire temerario, andarle contro.

Se qualcuno presumerà di attentare ciò, sappia che incorrerà nella indignazione di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo

Data a Viterbo,[13] l’anno 1528 dell’Incarnazione del Signore, 3 luglio, anno quinto del nostro pontificato.


CLEMENS EPISCOPUS

SERVUS SERVORUM DEI

Dilectis filiis Ludovico et Raphaeli de Foro Sempronii Ordinis fratrum minorum professoribus, salutem et apostolicam benedictionem.

1. Religionis zelus, vitae ac morum honestas aliaque laudabilia probitatis et virtutum merita, super quibus apud nos fide digno commendamini testimonio, nos inducunt ut votis vestris, praesertim guae animarum salutem et religionis propagationem respiciunt, quantum cum De possumus favorabiliter annuamus.

2. Sane pro parte vestra nobis nuper exhibita petitio continebat quod vos, olim fervore serviendi Altissimo ducti, Ordinem fratrum minorum de Observantia nuncupatorum ingressi, in eo, professionem emissi, per certum tempus permansistis, et deinde de licentia vestri tunc superioris, iuta formam litterarum apostolicarum super unione et concordia inter praedictos et conventuales nuncupatos fratres dicti Ordinis edita confectarum, ad ipsorum fratrum conventualium consortium vos transtulistis, et a tunc magistro provinciali provinciae Marchiae dictorum fratrum conventualium benigne recepti, ac aliorum fratrum conventualium eusdem provinciae numero et consortio aggregati fuistis; et deinde, vobis desiderantibus, pro animarum vestrarum salute ac Dei gloria, eremiticam vitam ducere, et, quantum humana patitur fragilitas, Regulam beati Francisci observare, dictus magister provincialis licentiam ad romanam curiam accedendi, et a nobis ac Sede Apostolica quaecumque ad animarum vestrarum salutem ac Dei gloriam opportuna vobis viderentur petendi et impetrandi, concessit.

3. Ac etiam dilectus filius noster Andreas, tituli Sanctae Priscae presbyter cardinalis, dicti Ordinis protector, vobis ut similem impetrationem faceretis indulsit, ita tamen quod unus ex consortio vestro, omnium vestrorum nomine, magistro provinciali seu capitulo provincia dictorum fratrum conventualium, in qua habitaretis, singulis annis se presentare in signum subiectionis teneretur, et ipse magister, si sibi videretur, semel in anno, et non ultra, vos visitare, et, si inveniret vos Regulam praedictam non observare, ad eamplenius observandam vos admonere ac debitis modis compellere posset; praeter haec autem, nec vos de loco ad locum transferre nec aliquid aliud vobis iniungere aut a vobis exigere valeret, sed potius vos tueri et defendere tenere-

tur, ut in pace possetis Altissimo in divinis famulari, prout in litteris patentibus eorundem cardinalis protectoris et magistri provincialis desuper confectis plenius dicitur contineri.

4. Quare, pro parte vestra, nobis fuit humiliter supplicatum ut vobis vitam eremiticam huiusmodi ducendi facultatem concedere aliasque in praemissis opportune providere de benignitate apostolica dignaremur.

5. Nos igitur, qui salutem cupimus animarum, vestrum quemlibet a quibusvis excommunicationis, suspensionis et interdicti alisque eclesiasticis sententiis, censuris et poenis, a iure vel ab homine quavis occasione vel causa latis, si quibus quomodolibet innodatus exsistit, ad effectum presentium dumtaxat consequendum, harum serie absolventes et absolutum fore censentes, ac litteras praedictas et in eis contenta quaecumque praesentibus pro sufficienter expressis habentes, huiusmodi supplicationibus inclinati, auctoritate apostolica, tenore presentium, vobis ut secundum Regulam praedictam vitam eremiticam ducere, et habitum cum caputio quadrato gestare, necnon omnes, tam clericos saeculares et presbyteros quam laicos, ad vestrum consortium recipere, ac tam illi quam vos barbam deferre,

et ad eremitoria seu loca quaecumque, cum consensu dominorum eorundem locorum, vos conferre, et in eis habitare vitamque austeram et eremiticam inibi agere, et in quibuscumque lois mendicare,

necnon omnibus et singulis privilegis, indultis et gratis Ordini fratrum minorum huiusmodi ac eremo camaldulensi beati Romualdi illiusque eremitis in genere vel in specie hactenus concessis et in posterum concedendis, et quibus ipsi quomodolibet utuntur, potiuntur et gaudent, ac uti, potiri et gaudere poterunt in futurum, vos quoque aeque principaliter, sicut ipsi, uti, potiri et gaudere libere et licite valeatis, plenam et liberam licentiam ac facultatem concedimus.

6. Et nihilominus universis et singulis archiepiscopis, episcopis et abbatibus alisque in dignitate ecclesiastica constitutis personis, necnon canonicis metropolitanarum vel aliarum cathedralium ecclesiarum ipsorumque archiepiscoporum, episcoporum et abbatum vicaris in spiritualibus generalibus per apostolica scripta mandamus quatenus eorum quilibet, per se vel alium seu alios, vois et vestrum cuilibet in praemissis efficacis defensionis praesidio assistat, et faciat vos et vestrum quemlibet praemissis omnibus et singulis pacifice frui et gaudere, nec permittat vestrum quemlibet contra tenorem praesentium modo aliquo molestari, impediri, aut inquietari. Contradictores quoslibet et rebelles, etiam per quascumque, de quibus sibi placuerit, censuras et poenas et alia iuris remedia, appellationes postposita, compescendo, invocato etiam ad hoc, si opus fuerit, auxilio brachii saecularis.

7. Non obstantibus felicis recordationis Bonifatii Papae VIII, praedecessoris nostri, etiam de una et in concilio generali de duabus dietis edita, ac alis constitutionibus et ordinationibus apostolicis necnon dicti Ordinis statutis et consuetudinibus etiam iuramento, confirmatione apostolica vel quavis firmitate alia roboratis, privilegis quoque, indultis ac litteris apostolicis per quoscumque romanos pontifices praedecessores nostros ac nos et Sedem praenidictam, etiam per vim generalis legis et statuti perpetui, ac motu proprio et ex certa scientia ac de apostolicae potestatis plenitudine, et cum quibusvis irritativis, annullativis, cassativis, revocativis, preservativis, exceptivis, restitutivis, declarativis, mentis attestativis a derogatoriarum derogatoris aliisque efficacioribus, efficacissimis et insolitis clausulis et consistorialiter quomodolibet etiam pluries concessis, confirmatis et innovatis. Quibus omnibus, etiamsi pro illorum sufficienti derogatione, de illis eorumque totis tenoribus specialis, individua ac de verbo ad verbum, non autem per clausulas generales idem importantes, mentio seu quaevis alia expressio habenda aut certa exquisita forma servanda foret et in eis caveatur expresse quod illis nullatenus derogari possit, illorum etiam tenores presentibus pro sufficienter expressis ac de verbo ad verbum insertis, necnon modos et formas ad id servandas pro individuo servatis habentes, hac vice dumtaxat, illis alias in suo robore permansuris, harum serie specialiter et expresse derogamus, ceterisque contrariis quibuscumque.

8. Nulli ergo omnino hominum licear hanc paginam nostrae absolutionis, concessionis, mandati et derogationis infringere vel ei aus temerario contraire. Si quis autem hoc attentare praesumpserit, indignationem omnipotentis Dei et beatorum Petri et Pauli apostolorum eius se noverit incursurum.

Datum Viterbii, anno Incarnationis Dominicae millesimo quingentesimo vigesimo octavo, quinto nonas iuli, pontificatus nostri anno quinto.

  1. Queste persone «degne di fede» furono, come si sa, Caterina Cybo, il card. protettore Andrea della Valle, i superiori maggiori del p. Ludovico e il vescovo di Camerino Giangiacomo Bongiovanni con le loro lettere commendatizie, il card. Lorenzo Pucci penitenziere maggiore e protettore dei camaldolesi e Giacomo Simonetta testimonio. Probabile anche l’intervento del card. Ercole Gonzaga e del card. Egidio Canisio da Viterbo.
  2. A p. Giovanni Pili da Fano era in quel tempo (1527) succeduto come superiore provinciale degli osservanti delle Marche p. Paolo da S. Severino. Cf. MF 32 (1932) 79.
  3. Si tratta della bolla Ite vos del 29 maggio 1517 rilasciata da Leone X. Ma più influenti devono essere stati gli statuti generali promulgati nel capitolo del 1526 che concedevano per autorità apostolica ai ministri provinciali la facoltà di permettere ai propri frati il passaggio ai conventuali. Cf. Statuta generalia a. 1526, n. 13: SF 58 (1961) 296.
  4. Ministro provinciale dei conventuali era Ludovico Santoni da S. Leo che governò la provincia dal 1527 al 1530.
  5. Il card. Andrea della Valle (1463-1534), romano, da Leone X era stato eletto reggente della Cancelleria apostolica. Vescovo di Crotone e di Mileto, partecipò nel 1512 al concilio Lateranense V e subi gravi danni durante il «sacco di Roma» del 1527. Nel 1532 sarà incaricato da Clemente VII di studiare la controversia tra osservanti e cappuccini, insieme al card. del Monte. Infine fu vescovo di Albano e Palestrina.
  6. II 3 luglio 1982, nel quarto centenario della bolla Religionis zelus, il ministro generale Flavio Carraro faceva osservare ai capitolari cappuccini convenuti ad Assisi in pellegrinaggio, che «la Chiesa, per bocca di Clemente VII ci ha dato l’assoluzione dalle nostre colpe, prima di approvare la vita cappuccina. Proprio come Gesú alla peccatrice (cf. Lc 7,47). La vita cappuccina è un grande amore a Cristo, alla Chiesa, a Francesco, scaturito da un’abbondante grazia di riconciliazione». Cf. AO 98 (1982) 2596.
  7. È il punto qualificante della nuova riforma: un eremitismo francescano che non solo non esclude la vita apostolica, ma esige una presenza dei frati nei luoghi piú urgenti per un’espansione organizzata.
  8. Per le fonti francescane ispiratrici di questa scelta, cf. 3 Cel. 2,2; Leg. maior, Miracoli 1,1 (FF nn. 826 e 1256); A. Clareno, Hist. 7 trib. (ed. A. Ghinato), 222; Conf. V, 104.
  9. Per non offendere gli osservanti (probabile riguardo del card. protettore), si dà solo la facoltà di ricevere chierici e laici, non i religiosi; ma il Tenaglia ricorrerà, subito dopo, all’ espediente giuridico di domandare i privilegi dei camaldolesi, e questo gli permetterà di ricevere anche i religiosi.
  10. Cf. al riguardo S. Santachiara, La bolla «Religionis zelus» (supra, nota 16), 273s. Quando Clemente VII, il 6 ottobre 1528, rientrò a Roma, portava «una barba longa e canuta», come scrive nei suoi Diarii il Sanuto.
  11. I privilegi concessi ai camaldolesi porto dei primi cappuccini con i camaldolesi erano contenuti nella bolla di Eugenio IV Illa quae del 24 novembre 1435. – Sul rapport dei primi cappuccino con i camaldolesi cf. parte II, sez. I, docc. 35-36 e 99, nn. 2074-77 e 2254-58.
  12. Si fa riferimento alla costituzione di Bonifacio VIII Tenerem cuiusdan constitutionis del 5 maggio 1298 (cf. BF IV, 999) con cui conferma la costituzione n. 23 del concilio II di Lione Religionum diversitatem (cf. Conc. oecum. decreta, 326s) che proibisce la fondazione di nuovi ordini religiosi. Questa a sua volta si rifà alla costituzione n. 13 Ne nimia religionum del concilio Lateranenze IV (ivi, 242). Cf. C. Urbanelli, Storia, I/3, t. I, 32 nota 24a.
  13. A Viterbo il papa con la sua corte si trovava fra notevoli difficoltà, dopo il «sacco di Roma», dal quale era sfuggito dapprima rifugiandosi a Castel S. Angelo e poi a Orvieto.