6. BOLLA «PASTORALIS OFFICII CURA» DI PIO IV

PARTE PRIMA SEZIONE PRIMA

EDIZIONE DEI DOCUMENTI PONTIFICI

Traduzione e note di
RENATO GASTALDI
e
COSTANZO CARGNONI

I FRATI CAPPUCCINI. Documenti e Testimonianze del Primo Secolo. A cura di COSTANZO CARGNONI. Roma 1982, 98-112.

6. BOLLA «PASTORALIS OFFICII CURA» DI PIO IV

Roma, 2 aprile 1560. – Si ripubblica e si conferma la bolla di Paolo III (cf. doc. 4), e si aggiunge la proibizione ai cosiddetti «Eremiti di san Francesco» del siciliano Girolamo Lanza di portare l’abito dei cappuccini, o uno simile, sotto pena di scomunica «latae sententiae». Seguono le clausole derogatorie e il mandato esecutorio.

Fonte: AGO, QA 225, n. 278, originale e due transunti del 28 giugno 1560. Cf. AC I, 567-574; AM XIX, 615-620 (525-530); BC I, 25-28.

41 Pio vescovo, servo dei servi di Dio, a perpetua memoria del fatto.

1. La responsabilità dell’ufficio pastorale affidatoci dall’Alto, nonostante l’insufficienza dei meriti, ci muove e persuade a svolgere la nostra missione con molta sollecitudine, a favore di ogni pio istituto e delle persone che in essi attendono al servizio divino, per dirigerli felicemente, mantenerli vivi con successo, proteggendoli sotto la nostra vigilanza, rendendo partecipi dell’ausilio della protezione apostolica quelli di cui conosciamo la vitalità.

42 2. Così non appena venne esposto al nostro predecessore Paolo III, di felice memoria, da parte del vicario di allora e dei frati dell’Ordine dei minori, detti cappuccini, quanto era stato parimente manifestato in precedenza a Clemente VII, egli pure nostro predecessore, da parte di alcuni frati dell’Ordine dei minori, i quali si prefiggevano di condurre vita eremitica per la salvezza dell’anima loro e la gloria di Dio, osservando la Regola di san Francesco quanto lo consentiva l’umana fragilità; e il maestro provinciale di allora dell’Ordine dei minori detti conventuali, della Marca di Ancona, aveva concesso loro di accedere alla curia romana e di chiedere e impetrare dallo stesso Clemente VII nostro predecessore, e dalla Sede Apostolica, qualunque concessione, a salvezza della propria anima e a gloria di Dio; inoltre il cardinale prete Andrea di felice memoria, del titolo di Santa Prisca quando viveva e protettore di detto Ordine, acconsenti che essi inoltrassero tale supplica, a condizione però

che essi fossero tenuti a presentare ogni anno uno della loro comunità a nome di tutti, al maestro provinciale o al capitolo della provincia dei predetti frati conventuali nella quale dimorassero, in segno di sottomissione, e che detto maestro, se lo avesse ritenuto opportuno, potesse visitarli una volta, ogni anno e non più, ammonendoli, se li avesse trovati che non osservavano la Regola, costringendoli nei debiti modi ad osservarla in modo più perfetto.

Non potendo, tuttavia, oltre a questo, né trasferirli da luogo a luogo, né ingiungere o esigere altro, sforzandosi invece di proteggerli e di. fenderli affinché potessero servire in pace l’Altissimo, come si diceva fosse contenuto piú diffusamente nelle lettere patenti del cardinale protettore e del maestro provinciale predetti sopra questa materia.

43 Lo stesso Clemente VII quindi, nostro predecessore, ritenendo conformi a quanto espresso sia le lettere predette, sia il loro contenuto, accogliendo favorevolmente le suppliche di tali frati, concesse loro[1] di condurre vita eremitica secondo la Regola predetta, di portare un abito col cappuccio quadrato, di ammettere nella loro comunità chiunque, sia chierici e sacerdoti secolari sia laici, di portare la barba tanto loro quanto quelli che sarebbero stati ammessi, di ritirarsi negli eremi o in altri luoghi, col consenso dei relativi signori, di abitare in essi e di condurvi vita austera ed eremitica, di mendicare in qualsiasi luogo e di usare, possedere e godere aeque principaliter, liberamente e lecitamente, tutti e singoli i privilegi, indulti e grazie concessi fino a quel momento, o accordati in futuro, sia in genere che in specie, al predetto Ordine dei frati minori, all’eremo dei camaldolesi del beato Romualdo e agli eremiti di esso; mediante sue lettere, sia con sigillo di piombo sia in forma di «breve», concesse la facoltà, come è detto in modo molto esplicito in esse.

Ed è ripetuto nell’ esposto presentato a Paolo III nostro predecessore, che in virtù delle predette lettere alcuni chierici secolari, regolari e laici, ricevuti dagli stessi frati nominati, o da uno di loro dietro commissione degli altri, avevano costituita la congregazione dei frati dell’Ordine dei minori detti cappuccini, e tali frati desideravano che le predette lettere, circa quanto era in esso elencato, venissero confermate e rese durature; perciò avevano fatto supplicare umilmente Paolo III, affinché si degnasse accondiscendere, per benignità apostolica, a siffatti loro desideri.

44 Il nostro predecessore, considerando i preziosi frutti che detto Ordine dei minori aveva prodotto nella Chiesa militante fino a quel momento, e quelli che egli, con ferma convinzione, sperava che avrebbe continuato a produrre in avvenire, reputò cosa degna attribuire benevoli favori circa quanto concerneva lo sviluppo dell’Ordine predetto.

Inclinato perciò a tali suppliche, approvò e confermò,[2] per autorità apostolica e scienza certa, le citate lettere di Clemente, nostro predecessore, il cui contenuto volle considerare come espresso nuovamente, e decretò che le medesime, e il loro contenuto, nell’insieme e nelle singole parti, suffragassero il vicario generale, di quell’epoca e di ogni tempo, della congregazione dei cappuccini e i frati della medesima, come se esse fossero indirizzate direttamente alla stessa congregazione e ai frati membri.

45 Con la stessa autorità e scienza stabili inoltre, e ordinò, mediante sue lettere sigillate a piombo, che da quel momento in poi il vicario generale dei medesimi frati cappuccini, sul finire del triennio per il quale era stato eletto, o anche prima o dopo, secondo il tenore della Regola predetta e delle lodevoli costituzioni degli stessi frati, potesse convocare a capitolo, nel luogo scelto da lui stesso, i vicari, i discreti e custodi di ogni provincia e custodia a lui soggetta, titolari di voce attiva nella congregazione; con la possibilità di supplire coloro che fossero impediti di partecipare al capitolo mediante nunzi scelti dagli interessati o supplendo ai voti dei medesimi a norma della consuetudine. E che essi frati, riuniti in questa forma, godessero della facoltà di agire, ordinare, disporre tutte e singole le materie, consentite agli altri frati dell’Ordine per legge, consuetudine o privilegio; e soprattutto di eleggere un religioso del loro proprio Ordine e congregazione in autentico vicario generale e, qualora si fosse verificato il concorso della maggioranza degli elettori, di presentare quanto prima possibile la elezione al maestro generale dei predetti frati conventuali, come si è fatto fin’ora, sino a che la Sede Apostolica non avesse disposto, su questo, diversamente.

46 E detto maestro generale fosse tenuto a confermare, entro tre giorni dalla presentazione pervenutagli, il vicario eletto, concedendo e affidandogli pienamente le proprie veci, conferendogli cioè la potestà piena e libera e ogni specie delle sue facoltà su tutti e singoli frati del medesimo Ordine, detti cappuccini, quand’anche venissero chiamati con altro nome, tanto sui superiori quanto sui sudditi; di visitarli in forma pubblica o privata; di celebrare, o provvedere che si celebrassero, le assemblee (capitolari) in tutte le province e custodie a loro soggette, sia per la elezione dei vicari, custodi e guardiani, sia per trattare gli altri utili affari; di accettare nuovi luoghi, conventi ed eremi; di correggere e punire, scomunicare e assolvere, incarcerare e scarcerare frati sudditi; di reprimere gli oppositori e i ribelli mediante censure ecclesiastiche ed altri rimedi, sia della legge universale sia propria del predetto Ordine, ricorrendo, se necessario, al braccio secolare od ecclesiastico; e, in genere e in specie, di effettuare, compiere e disporre, ordinare, amministrare e stabilire tutte quelle cose, relative ai frati, ai conventi, alle case, ai luoghi e ai predetti eremi, come farebbe il maestro generale di tale Ordine, se visitasse personalmente i frati, i conventi, le case, i luoghi e gli eremi dei frati conventuali, o fosse presente o intervenisse di persona a tale visita; e così pure di demandare i medesimi poteri, autorità, benefici e facoltà, in tutto o in parte, concesse dal maestro generale allo stesso vicario generale; e di provvedere che tali facoltà siano a loro volta demandate e conferite dai commissari del predetto vicario.

Che trascorsi tre giorni, e non giungendo all’eletto la conferma, questi fosse ritenuto confermato per autorità della Sede Apostolica, con pieni poteri, sino alla elezione del successore; e che durante questo tempo non potesse rinunziare all’ufficio all’insaputa dei vicari e discreti provinciali o della maggioranza di essi; potesse convocare, tuttavia, tutti i vicari e discreti a lui soggetti, durante il tempo del suo mandato, nel luogo da lui stabilito, ogni volta che gli sembrasse opportuno.

47 Se fosse poi avvenuta la morte del vicario generale durante il periodo del suo ufficio, oppure fosse rimosso dalla carica, il vicario, nella cui provincia si fosse verificata la morte o l’amozione, dovesse darne comunicazione al più presto possibile, a tutti i definitori del capitolo generale immediatamente precedente, e a tutti i vicari provinciali, e stabilisse, col consiglio e il consenso dei due vicari provinciali più vicini, il luogo e il tempo, se già non fossero stati indicati dal capitolo generale o dallo stesso vicario generale prima di morire o di essere rimosso, convocando tutti coloro che dovevano convocarsi, per procedere alla elezione del vicario successore. Che durante la vacanza, esercitasse l’ufficio di tale vicaria, per autorità della predetta See Apostolica, il primo dei definitori menzionati e, venendo meno questi, il secondo, e così, in successione, gli altri con la pienezza di tale potestà.

E che lo stesso valesse per i vicari provinciali, qualora accadesse che venissero a morire o fossero rimossi dall’ufficio; che le province fossero rette e governate dal primo e, successivamente, dagli altri definitori del capitolo immediatamente anteriore, come si è detto sopra del vicario generale; salva sempre e riservata, come premesso, la predetta potestà del vicario generale.

48 E che tanto il maestro generale anzidetto, quanto il ministro generale dell’Ordine dei minori, o qualsiasi altro fra i ministri o maestri provinciali di tale Ordine, fossero conventuali o della «famiglia», ossia osservanti, non aderissero né presumessero procurare molestie o impedimenti, fino a che la Sede Apostolica non avesse disposto altrimenti, tanto al predetto vicario generale e agli altri vicari, quanto a qualsiasi frate della medesima congregazione, detta dei cappuccini, sotto pena di scomunica latae sententiae, della privazione dell’ufficio e (della capacità a porre) tutti gli atti legittimi; questo solo eccettuato, che il predetto maestro generale, fino a che dalla Santa Sede fosse altrimenti disposto, potesse e valesse di persona visitare e correggere detto vicario generale, nonché i frati, la casa, il luogo, l’eremo di essi frati cappuccini, richiamando pienamente, con affabilità e carità, ad una maggiore bontà. E qualora avesse trovato qualcuno colpevole, potesse correggere, punire, imporre penitenze e ammende, tenuto conto della gravità del delitto, entro questi li miti: se si fosse trattato del vicario generale, dietro consiglio e assenso della maggior parte dei predetti vicari; riguardo, invece, agli altri frati, dietro consiglio e assenso della parte più numerosa e più sana dei frati della casa, dell’eremo, del luogo del convento visitati e all’interno di essi, non al di fuori; oltre a questo, non avrebbe dovuto ingerirsi nel regime e nel governo dei predetti frati, denominati cappuccini.

49 Proibendo severamente a qualunque persona di qualsiasi condizione, sotto pena di scomunica latae sententiae da incorrersi sul momento, di portare l’abito solito ad indossarsi da tali frati, se non fosse sottoposta all’obbedienza e al governo del predetto vicario generale pro tempore.

Lo stesso Paolo III, nostro predecessore, seguì inoltre il modo di agire, in questa materia, del papa Pio Il di venerata memoria, anch’egli nostro predecessore, il quale ai suoi tempi, per determinate cause aveva esposto e dichiarato per autorità apostolica e scienza certa, a favore della famiglia dell’Osservanza,[3] che quando la Sede Apostolica aveva deciso e decretato, per motivi determinati e santi, un ministro generale di tutto l’Ordine dei minori e dei vicari provinciali in luogo di ministri, tali vicari che comandavano loro e ai quali essi ubbidivano in forza della loro professione religiosa fossero veri e autentici loro ministri, avendoli ricevuti tali il beato Francesco, fondatore dell’Ordine, fino a che lo avesse stabilito la predetta Sede a cui spetta ordinare secondo le circostanze; e tali rimanessero in perpetuo, differenti da predetti ministri soltanto di nome; e coloro che ubbidivano a detti vicari, secondo la determinazione della predetta Sede, avrebbero soddisfatto pienamente e perfettamente alla loro Regola, e in specie a quella parte in cui è detto: «Comando fermamente a tutti i frati che ubbidiscano ai loro ministri». Dichiarò e prescrisse, con l’autorità e scienza sopraddette, che fino a quando dalla Sede predetta non venisse altrimenti disposto, i frati cappuccini, obbedendo ai loro anzidetti vicari, adempivano pienamente e perfettamente la Regola, allo stesso modo di quanto venne stabilito (come si afferma) dal predetto Pio II nostro predecessore a riguardo dei vicari della «famiglia», secondo quanto viene dichiarato esaurientemente nelle lettere del sopraddetto Paolo nostro predecessore.

50 3. Da parte degli stessi frati cappuccini ci venne rivolta l’umile preghiera che ci degnassimo approvare e confermare, per benignità apostolica, le anzidette lettere di Paolo III, nostro predecessore, tutto il loro contenuto, e di provvedere opportunamente un’altra volta a quanto è premesso. Perciò noi, che volentieri veniamo incontro quanto più possiamo al progresso e al felice successo di ogni persona ecclesiastica, specialmente di quelle che conducono vita eremitica, riteniamo con le presenti lettere come nuovamente espresso il contenuto dei singoli documenti pontifici sopra nominati e di qualsiasi altra scrittura eventualmente redatta in occasione dei predetti; revochiamo le lettere emesse in forma di «breve» da Giulio III di felice memoria,[4] parimenti nostro predecessore, e qualsiasi altra lettera concernente i diletti figli, il siciliano Girolamo Lanza e i suoi compagni, che asserivano di essere cappuccini e vestivano un abito simile a quello ora descritto, non senza notevole scandalo e deformazione del predetto Ordine e congregazione; revochiamo qualunque altra lettera anche in forma di «breve», che conceda a qualsiasi persona, in qualunque parte del mondo o località dimori, di vestire e portare detto abito, o uno simile, fuori dell’obbedienza dei superiori della medesima congregazione, senza averne licenza. Inclinati a tal suppliche, confermiamo e approviamo, per autorità apostolica in virtù delle presenti, siffatte lettere di Paolo III nostro predecessore e il loro contenuto in ogni singola parte, in modo che nessuno, qualunque sia la sua condizione, sotto pena di scomunica latae sententiae, non soltanto presuma portare il loro abito, come è contenuto nelle lettere di Paolo III anzidetto, nostro predecessore, ma neppure uno talmente simile, che lo possa far credere frate della predetta congregazione dei cappuccini, se egli non rimane sotto l’obbedienza del menzionato vicario generale pro tempore.

51 4. Pertanto con questi scritti apostolici ordiniamo a tutti e singoli i venerabili nostri fratelli patriarchi, arcivescovi e vescovi, è ai diletti figli abbati, priori e alle altre persone costituite in una dignità ecclesiastica, affinché essi, o due o uno di loro, personalmente o per mezzo di altri, dove e quando sarà necessario, e ogni volta che ne saranno richiesti da parte dei predetti vicari e frati cappuccini, o di qualcuno di loro, pubblichino solennemente le presenti lettere e il loro contenuto, e assistano i medesimi, come è premesso sopra, e provvedano con fermezza, per nostra autorità, a che le stesse lettere, e il loro contenuto, siano osservate, e che i singoli, a cui esse sono destinate, ne possano usufruire pacificamente.

Non permettano, inoltre, che essi vengano molestati, inquietati, turbati da chicchessia, contro il contenuto delle stesse lettere. Reprimano gli oppositori di qualunque genere, e i ribelli, mediante censure ecclesiastiche ed altri opportuni rimedi del diritto, senza facoltà di appello; aggravando a più riprese le censure e le pene, e ricorrendo pure, all’occorrenza, al braccio secolare. Non sono di impedimento né la costituzione apostolica di Bonifacio VIII, nostro predecessore, emanata in una dieta e, nel concilio generale in due diete, non però in tre diete; le altre costituzioni apostoliche, i privilegi di ogni genere, gl’indulti apostolici di qualsiasi tenore e forma e con qualsiasi clausola o decreto: le quali vogliamo non suffraghino in nessun modo contro quanto è premesso; nonostante pure qualsiasi cosa in contrario; o se a Gerolamo (Lanza) e agli altri suoi compagni, o ad altri di qualsiasi condizione, in comune o personalmente, sia stato concesso dalla medesima Sede (Apostolica) che non possono venire interdetti, sospesi, scomunicati mediate lettere apostoliche, che non facciano piena ed espressa menzione, parola per parola, di siffatto indulto.

52 5. Vogliamo ancora che alle trascrizioni delle presenti lettere, sottoscritte per mano di un notaio pubblico e munite del sigillo di una persona rivestita di una dignità ecclesiastica, si presti la stessa fede, tanto in tribunale che fuori di esso, che si presterebbe alle presenti, se fossero esibite o prodotte.

6. A nessuno, inoltre, sia lecito fra gli uomini infrangere questa nostra pagina di conferma, approvazione, concessione, e di comando, od opporsi, con ardire temerario, ad essa.

Se qualcuno ardisse attentare ciò, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Roma, presso S. Pietro, l’anno dell’incarnazione del Signore 1560, il 5 aprile, primo anno del nostro pontificato.


PIUS EPISCOPUS

SERVUS SERVORUM DEI

Ad perpetuam rei memoriam.

1. Pastoralis offici cura (meritis licet imparibus) nobis ex alto commissa, nos excitat et inducit, ut circa piorum locorum quorumlibet ac personarum, in eis divinis obsequiis vacantium statum, prospere dirigendum et feliciter conservandum, et manutenendum nostrae vigilantiae partes, solertius impendamus, ac is, quae propterea processisse comperimus, ut illibata persistant, apostolici muniminis praesidium impartiamur.

2. Dudum siquidem felicis recordationis Paulo papae III praedecessori nostro,

pro parte tunc vicari et dilectorum filiorum fratrum Ordinis minorum capuccinorum núncupatorum exposito, quod, postquam piae memoriae Clementi papae VII etiam predecessori nostro, pro parte nonnullorum, tunc expressorum fratrum Ordinis minorum expositum fuerat, se desiderare pro animarum salute ac Dei gloria eremiticam vitam ducere et quantum humana patiebatur fragilitas, Regulam beati Francisci observare, et tunc magister provincialis provinciae Marchiae Anconitanae Ordinis minorum conventualium nuncupatorum, ad romanam curiam accedendi et ab ipso Clemente praedecessore, ac Sede Apostolica, quaecumque ad animarum suarum salutem ac Dei gloriam petendi et impetrandi licentiam eis concesserat; ac bonae memoriae Andreas tituli Sanctae Priscae dum viveret, presbyter cardinalis et dicti Ordinis protector, tunc in humanis agens, eis,

ut similem impetrationem facerent: ita tamen quod unum ex eorum consortio, omnium ipsorum nomine, magistro provinciali, seu capitulo provinciae dictorum fratrum conventualium nuncupatorum, in qua habitarent, singulis annis in signum subiectionis praesentare tenerentur; et ipse magister, si sibi videretur, semel in anno, et non ultra, eos visitare, et si ipsos inveniret Regulam praedictam non observare, ad eam plenius observandam eos monere ac debitis modis compellere posset.

Praeter id autem, nec eos de loco ad locum transferre, nec aliquid aliud eis iniungere, aut ab eis exigere valeret, sed potius eos tueri et defendere conaretur, ut in pace possent Altissimo famulari, prout in protectoris et magistri provincialis praedictorum patentibus litteris desuper confectis, plenius dicebatur contineri.

Idem Clemens predecessor litteras praedictas et in eis contenta quaecum-que, pro expressis habens, ipsorum fratrum in ea parte supplicationibus inclinatus, eis, ut secundum Regulam praedictam, vitam eremiticam ducere, et habitum cum caputio quadrato gestare, necnon omnes tam clericos saeculares et presbyteros quam laicos ad eorum consortium recipere, ac tam ipsi, quam alii sic recipiendi, barbam deferre, et ad eremitoria seu loca alia quaecumque cum consensu dominarum eorundem locorum se conferre et in eis habitare, vitamque austeram et eremiticam inibi agere, et in quibuscumque locis mendicare, necnon omnibus et singulis privilegiis, indultis et gratis Ordini fratrum minorum prae-dictorum, ac eremo camaldulensi beati Romualdi illiusque eremitis, in genere vel in specie, eatenus concessis et in posterum concedendis, aeque principaliter uti, potiri et gaudere libere et licite valerent, per suas tam sub plumbo quam in forma «brevis» litteras facultatem concesserat, prout in illis plenius continetur.

Et in eadem expositione, eidem Paulo predecessori facta, subiuncto quod litterarum praedictarum vigore, nonnulli clerici saeculares, regulares et laici, ab ipsis fratribus, ut prefertur, nominatis, vel uno ex eis ac ab alis de ipsorum commissione recepti, congregationem fratrum Ordinis minorum capuccinorum nuncupatorum constituerant, ipsique fratres cupiebant litteras praedictas, quoad infrascripta, confirmari et extendi; et propterea eidem Paulo praedecessori hu-militer supplicari fecerant, ut huismodi eorum votis annuere, de benignitate apo-stolica dignaretur.

Idem predecessor attendens uberes fructus, quos Ordo ipse minorum in agro militantis Ecclesiae eatenus produxerat et in posterum producturum, spe firma sperabat ac dignum censens ut circa ea, quae ipsius Ordinis incrementum concernebant, benignos favores impenderet, huiusmodi supplicationibus inclinatus, litteras Clementis predecessors huiusmodi, quarum tenores haberi vo luit pro expressis, auctoritate apostolica, ex certa sua scientia approbans et confirmans, illas tunc et pro tempore exsistenti vicario generali congregationis capuccinorum huiusmodi ac ipsius congregationis fratribus, perinde ac si illae eisdem congregationi et fratribus directae fuissent, quoad omnia et singula in ipsis litteris contenta suffragari debere decrevit.

Et nihilominus autoritate et scientia similibus, per suas sub plumbo confectas litteras statuit et ordinavit, quod ex tunc deinceps vicarius generalis ipsorum fratrum capuccinorum circa finem trienni, ex quo ad officium vicariatus huiusmodi electus foret, vel etiam prius aut posterius, iuta praefatae Regulae tenorem ac ipsorum fratrum laudabiles constitutiones, vicarios, discretos ac custodes vocem congregationis habentes, quarumlibet provinciarum et custodiarum sibi subiectarum, in loco per ipsum vicarium generalem deputando, ad capitulum convocare posset: quorum si qui legitimo impedimento detenti, ipsi capitulo interesse non possent, per nuntios ab eis deputatos, vel suppletis votis eorum, iuxta ipsorum consuetudinem, presentia suppleretur.

Qui sic congregati omnia et singula, quae alii fratres dicti Ordinis in eorum generali capitulo de iure vel consuetudine et ex privilegis possent, faciendi, ordinandi, disponendi et potissime eligendi unum religiosum eiusdem Ordinis ac congregationis in eorum similem vicarium generalem facultatem haberent, et ip-sius vicari electionem, si a maiori parte eligentium celebraretur, quamprimum commode fieri posset, generali magistro dictorum fratrum conventualium nuncupatorum, sicut eatenus servatum fuerat, donec aliud desuper ordinatum a Sede Apostolica fuisset, presentarent seu praesentari facerent.

Ipseque generalis magister intra triduum a praesentatione sibi facta, ipsum electum vicarium confirmare teneretur, concedendo e et committendo plenarie vices suas, tribuendo videlicet liberam potestaetm et auctoritatem, ac omnimodam facultatem suam super omnes ac singulos fratres eiusmodi Ordinis capucci-nos nuncupatos, etiam si alio quovis nomine nuncuparentur, tam in capitibus quam in membris publice et privatim visitandi, congregationes in provinciis et custodiis omnibus eis subiectis, sive pro electione vicariorum, discretorum, custodum et guardianorum, sive pro alis utilibus negotiis faciendi seu fieri faciendi, nova loca, conventus seu eremitoria recipiendi, fratres subditos corrigendi

et puniendi, excommunicandi et absolvendi, incarcerandi et a carceribus liberandi: contradictores et rebelles per censuras ecclesiasticas et alia iuris et dicti Ordinis remedia, etiam per invocationem brachii saecularis vel ecclesiastici, si opus foret, compescendi; ac generaliter specialiterque omnia et singula circa fratres, conventus, domos, loca et eremitoria huiusmodi faciendi, exercendi et disponendi, ordinandi, administrandi et statuendi, que generalis magister dicti Ordinis circa fratres, conventus, domus, loca et eremitoria fratrum conventualium nuncupatorum facere posset, si personaliter adesset vel interesset. Ac easdem auctoritatem, potestatem, gratias et facultates per ipsum magistrum generalem eidem vicario generali concessas, vel earum partem, alis fratribus, quos

ad haec iudicaret idoneos, committendi et concedendi; necnon per ipsos praedicti vicarii commissarios committi et concedi faciendi.

Et triduo elapso et electo non confirmato, idem electus pro confirmato Sedis Apostolicae autoritate cum plenaria potestate huiusmodi, usque ad successoris electionem haberetur, et intra hoc tempus officio suo sine scitu omnium vicariorum et discretorum provincialium, aut maioris partis eorundem, renuntiare nequiret. Posset tamen convocare omnes vicarios et discretos sibi subiectos infra tempus officii sui in loco per ipsum deputando, quoties sibi opus visum foret.

Si vero generalis vicarius infra offici sui tempus ex hac luce migraret, seu alias ab officio amotus foret, vicarius, in cuius provincia mori vel amover contingeret, nuntiaret, quam citius posset, omnibus definitoribus capituli generalis immediate praecedentis et omnibus vicariis provincialibus, et de consilio atque consensu duorum vicariorum proximorum determinaret locum et tempus, nisi fuissent per generale capitulum vel per praefatum vicarium ante obitum ipsius et amotionem deputata, et convocaret qui forent evocandi pro successoris vicarii electione celebranda. Quo vacationis tempore, auctoritate Sedis praedictae exerceret officium vicariatus huiusmodi primus definitorum praedictorum, vel, ipso deficiente, secundus, et sic de alis successive cum plenaria potestate praemissa.

Et hoc idem censeretur de vicariis provincialibus, cum eos mori vel amoveri contigeret, ac provincias regi et gubernari per primum et alios definitores suc cessive capituli provincialis immediate precedentis, prout supra de vicario generali statutum exsisteret, salva semper et reservata praedicti vicarii generalis, ut praemittitur, potestate.

Generalis vero tam magister praedictus, quam minister Ordinis minorum huiusmodi, aut quisquam ministrorum seu magistrorum provincialium seu aliorum fratrum dicti Ordinis, tam conventualium quam de « familia » sive de Observantia nuncupatorum, donec aliter per Sedem praedictam ordinatum foret, praedicto vicario generali, seu ceteris vicariis, vel cuipiam fratri eiusdem congregationis de capuccinis nuncupatae molestiam seu impedimentum aliquod inferre non auderet, nec praesumeret, sub poena excommunicationis latae sententiae, privationis officii omniumque actuum legitimorum. Nisi quod praefatus magister generalis, donec aliter per ipsam Sedem ordinatum foret, per se dumtaxat personaliter visitare et corrigere posset et valeret praedictum vicarium generalem seu fratres, domum, locum et eremitorium eorumdem fratrum capuccinorum nuncupatorum, pie, benigne et caritative ad meliorem frugem provocando. Et si quemquam reperiret criminosum, ipsum vicarium de consilio et assensu maioris partis vicariorum praemissorum, ceteros vero de consilio et assensu maioris et sanioris partis fratrum domus, eremitorii, loci vel conventus visitatorum, in eodem loco et non extra, corrigere valeret et punire, penitentiare et emendare, secundum quod delicti qualitas exigeret faciendum. De regimine vero et cura praedictorum fratrum capuccinorum nuncupatorum se aliter non intromitteretmi , Districtius inhibens quibuscumque personis, cuiuscumque conditionis exsi-

sterent, sub excommunicationis latae sententiae poena, eo ipso incurrenda, ne habitum per eos deferri solitum, nisi sub praefati vicarii generalis, pro tempore exsistentis, oboedientia et cura permanerent, gestare quoquo modo presumerent.

Insuper idem Paulus praedecessor vestigiis recolendae memoriae Pii Pp. II similiter predecessoris nostri in ea parte inhaerendo, qui alias ex certis causis, auctoritate apostolica, ex certa scientia in favorem familiae de Obser. vantia interpretatus erat et declaraverat quod, cum Apostolica Sedes genera-lem totius Ordinis minorum, ministrum generalem et provinciales vicarios ministrorum loco, certis, piis et sanctis respectibus esse voluisset et decrevisset, vicarii ipsi, qui illis pracessent et quibus ipsi ex debito eorum professionis

oboedirent, veri et indubitati ipsorum ministri, cum tales beatus Franciscus, dicti Ordinis institutor, es esse intendisset, quoadusque praefata Sedes, in cuius arbitrio consistebat, aliud alio respectu ordinare statuisset, essent et perpetuo forent, differentes a praedictis ministris solo nomine, esque, qui dictis vicaris oboedirent, secundum dictae Sedis determinationem, corum Regulae et praecipue in ea parte ubi erat: «Praecipio firmiter fratribus universis, ut oboedirent suis ministris», plene et integre satisfacere, auctoritate et scientia praedictis declaraverat et decreverat quod, donec aliter super praemissis per praefatam Sedem ordinatum foret, fratres capuccini predicti eorum vicaris, prout de vicariis familiae per dictum Pium praedecessorem, ut praefertur, statutum fuerat, obediendo, plene et integre praefatae Regula satisfacerent, prout in litteris dicti Pauli predecessoris praedictis plenius continetur.

3. Pro parte eorumdem fratrum capuccinorum nuncupatorum nobis fuit humiliter supplicatum, ut litteras Pauli predecessoris huiusmodi, et in eis Contenta quaecumque approbare et confirmare, ac alias in praemissis opportu-he providere, de benignitate apostolica dignaremur. Nos igitur, qui personarum ecclesiasticarum quarúmlibet, praesertim vitam eremiticam degentium profectui et felici successui, prout possumus, libenter consulimus, singularum litterarum pradictarum ac quarumcumque aliarum scripturarum, occasione praemissorum forsan confectarum tenores, presentibus pro expressis habentes;

necnon per felicis memoriae Iulium papam III pariter predecessorem nostrum dilectis filiis fratribus Hieronymo Lancae siculo et eius sociis asserentibus se capucinos exsistere consimilemque modo praemisso habitum deferre, in non modicum scandalum et deformitatem Ordinis et congregationis huiusmodi, etiam in forma brevis et quascumque alias litteras, quibusvis alis in quibuscumque mundi partibus et locis commorantibus, dictum habitum, vel praefato modo consimilem extra oboedientiam superiorum eiusdem congregationis, et nulla habita licentia, earumdem litterarum vigore gestantibus et deferentibus concessas, revocantes, huiusmodi supplicationibus inclinati, litteras Pauli predecessoris huiusmodi ac omnia et singula in eis contenta, ita quod nullus, cuiuscumque conditionis exsistat, non solum eorum habitum iuxta litterarum Pauli predecessoris huiusmodi tenorem, verum etiam, nec ita consimilem, quod propter eum possit credi frater eorum congregationis, nisi sub praefati vicari generalis pro tempore exsistentis oboedientia e cura permaneat, sub simili poena excommunicationis latae sententiae quoquo modo gestare praesumat, Apostolica auctoritate praedicta, tenore presentium, confirmamus et approbamus, ac omnia et singula in eisdem litteris dicti Pauli predecessoris contenta praedicta de novo concedimus.

4. Quocirca universis et singulis venerabilibus fratribus nostris patriarchis, archiepiscopis et episcopis, necnon dilectis filis abbatibus, prioribus, et aliis personis in dignitate ecclesiastica constitutis, per apostolica scripta mandamus, quatenus ipsi vel duo aut unus eorum per se, vel alium seu alios, praesentes litteras et in eis contenta quaecumque, ubi, et quando opus fuerit ac quoties pro parte capuccinorum fratrum praedictorum, sive alicuius eorum

fuerint desuper requisiti, solemniter publicantes, eisque in praemissis efficacis defensionis praesidio assistentes, faciant auctoritate nostra praesentes litteras et in eis contenta huiusmodi, firmiter observari ac singulos, quos illa concernunt, eis pacifice gaudere;

non permittentes eos desuper per quoscumque contra presentium tenorem, quomodolibet indebite inquietari seu perturbari. Contradictores quoslibet ac rebelles per censuras ecclesiasticas, ac alia opportuna iuris remedia, appellatione postposita, compescendo, ac censuras et poenas ipsas iteratis vicibus aggravando, invocato etiam ad hoc, si opus fuerit, auxilio brachii saecularis. Non obstantibus praemissis ac piae memoriae Bonifaci papae VIII etiam predecessoris nostri de una et duabus, non tamen tribus dietis, ac alis apostolicis constitutionibus, necnon quibusvis privilegiis et indultis apostolicis sub quibuscumque tenoribus et formis, ac cum quibusvis clausulis et decretis, quae adversus praemissa nullatenus suffragari volumus; ceterisque contrariis quibuscumque. Aut si Hieronymo et alis eius sociis praefatis, vel quibusvis alis communiter vel divisim, ab eadem sit Sede indultum, quod interdici, suspendi vel excommunicari non possint, per litteras apostolicas non facientes plenam et expressam, ac de verbo ad verbum de indulto huiusmodi mentionem.

5. Volumus autem quod praesentium transumptis, manu pubblici notarii subscriptis et sigillo alicuius personae in dignitate ecclesiastica constitute munitis, eadem fides in iudicio et extra adhibeatur, quae presentibus adhiberetur, si essent exhibitae vel ostensae.

6. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostrae confirmationis, approbationis, concessions et voluntatis infringere, vel ei ausu temerario contraire.

Si quis autem hoc attentare praesumpserit, indignationem omnipotentis Dei ac beatorum Petri et Pauli apostolorum eius se noverit incursurum.

Datum Romae apud S. Petrum, anno Incarnationis Dominica millesimo quingentesimo sexagesimo, Quarto Nonas aprilis, pontificatus nostri anno primo.

  1. Cf. sopra, doc. 1.
  2. Cf. sopra, doc. 4.
  3. Cf. doc. 4, nota 6.
  4. Cioé il breve Exponi nobis del 14 marzo 1550, edito da Flaviano da Polizzi, Gli eremiti di San Francesco, in IF 44 (1969) 402s, 396-406. – Girolamo Lanza mori dopo il 1587.