Le prime costituzioni cappuccine (1536)
With footnote references to scripture and Franciscan sources
ROMA, S. EUFEMIA
Prepared by Costanzo Cargnoni OFM Cap
I Frati Cappuccini. Documenti e testimonianze del primo secolo. A cura di Costanzo Cargnoni. Perugia, Edizioni Frate Indovino 1988, Vol. I, 253-464.
Table of Contents
Introduzione di Costanzo Cargnoni
PrologoCh 1Ch 2Ch 3Ch 4Ch 5Ch 6Ch 7Ch 8Ch 9Ch 10Ch 11Ch 12
Introduzione di Costanzo Cargnoni
Le prime Costituzioni dei Frati Minori Cappuccini furono elaborate e approvate a Roma durante il Capitolo generale, che ebbe luogo nel convento di S. Eufemia sull’Esquilino, presso la basilica di Santa Maria Maggiore, e si svolse in due sessioni, la prima nel novembre 1535, la seconda nel mese di aprile dell’anno seguente.
La redazione definitiva del testo fu affidata a una commissione di frati, di cui, insieme al neo-eletto vicario generale Bernardino d’Asti, facevano parte Giovanni da Fano, Francesco da Jesi e Bernardino Ochino. Ma al di là degli apporti personali dei singoli redattori, fu il Capitolo nel suo insieme a definire e poi a promulgare le Costituzioni. L’elaborazione collegiale del testo emerge espressamente nel prologo: “È parso al nostro Capitolo generale […] di ordinare alcuni statuti”, e si rileva dalle formule spesso ripetute: “Si è ordinato…, si è stabilito…, si è determinato…”.
Le Costituzioni di Roma – S. Eufemia hanno costituito per oltre quattro secoli la carta d’identità della “bella e santa riforma” e hanno caratterizzato storicamente la forte dimensione spirituale interna e la solida e uniforme struttura esterna dell’Ordine. I valori che da esse emergono e che resero la riforma cappuccina una vera fraternità evangelica e francescana sono: la continuità e il rinnovamento del carisma del Poverello d’Assisi; la scelta di una vita umile, povera e austera; i fondamenti per una vera spiritualità tipicamente cristocentrica e serafica, vissuta in fraternità e in attitudine penitenziale; il sereno equilibrio tra una vita dedita alla preghiera e alla contemplazione e le esigenze degli impegni di apostolato e del lavoro manuale; la dedizione eroica agli ammalati e agli appestati e lo slancio missionario universale; il rispetto dei carismi personali suscitati dallo Spirito e l’obbedienza incondizionata alla gerarchia.
A questi valori si affiancano scelte precise, dettate dalla volontà di essere fedeli allo spirito francescano e disponibili al servizio della Chiesa. In questo ambito le Costituzioni sottolineano l’accettazione e l’osservanza del Testamento, il rifiuto dei privilegi che rilassano la Regola, la rinuncia all’esenzione dagli ordinari diocesani, la conferma dell’elezione del Vicario da parte del Ministro generale dei Conventuali, le modalità per deporre il Vicario generale incapace.
Piú che un testo legislativo, composto da prescrizioni minute e normative giuridiche, le Costituzioni del 1535-1536 sono un vero codice di formazione e di spiritualità francescana. Il suo contenuto, rimasto quasi immutato fino al 1968, è stato sostanzialmente ripreso nelle redazioni successive del 1552, 1575, 1608, 1643, 1909 e 1925. A ragione è stato scritto: “Nessun libro scritto da un religioso dell’Ordine, nessun trattato di vita spirituale cappuccina attraverso i secoli si può paragonare alle Costituzioni del 1536, se si propone di presentare gli autentici ideali della fraternità o configurare le intenzioni degli iniziatori della riforma o esprimere i valori che si riscontrano nell’imitazione di Cristo e di Francesco”.
NEL NOME DEL NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO
iniziano
le COSTITUZIONI
dei
FRATI MINORI CAPPUCCINI
Prologo: «Dove non esiste siepe, la proprietà è saccheggiata» (Sir 36, 25)
Poiché il nostro Ordine, come vigna dell’altissimo Figliolo di Dio,
Queste sono le Costituzioni.
CAPITOLO PRIMO
1. «La dottrina e la vita del nostro Salvatore Gesù Cristo»
Per prima cosa, riguardo al primo capitolo della Regola, si dichiara che, essendo stata portata a noi dal cielo, dal dolcissimo Figliolo di Dio, la dottrina evangelica, tutta pura, soprannaturale, perfettissima e divina, ed essendo stata da Lui stesso promulgata e insegnata con le opere e con la parola; anzi essendo stata approvata e autenticata dal Padre suo nel fiume Giordano e sul monte Tabor
Anche nel suo Testamento, infatti, disse che gli era stato rivelato di dover conformare la sua vita al santo Vangelo;
2. La Regola, «piccolo specchio» del Vangelo
Poiché la Regola di san Francesco è come un piccolo specchio nel quale risplende la perfezione evangelica, si ordina che se ne faccia una distinta lettura ogni venerdì, in ciascun convento, col dovuto rispetto e devozione, affinché impressa nelle nostre menti si possa meglio osservare.
Si legga inoltre ai frati qualche testo molto devoto, esortandoli a seguire Cristo crocifisso.
3. Parlare di Dio e non leggere libri vani.
E si sforzino sempre i frati di parlare di Dio: questo giova molto ad infiammare il loro cuore del suo amore.
Inoltre, perché la dottrina evangelica possa fruttificare nei loro cuori e venga estirpata ogni zizzania dalla quale potrebbe essere soffocata,
4. Leggere e studiare la Parola di Dio per infiammarsi nel divino Amore
Siccome, poi, le fiamme del divino Amore nascono dal lume delle cose divine, si ordina che si legga qualche testo della Sacra Scrittura, interpretandola con santi e devoti Dottori.
E benché questa infinita divina sapienza sia misteriosa e alta,
Perciò si vieta a tutti i frati di leggere e studiare scienze sconvenienti e vane; piuttosto studino la Sacra Scrittura, anzi Gesù Cristo santissimo, nel quale, secondo Paolo, sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza di Dio.
5. Osservanza spirituale della Regola secondo le dichiarazioni dei Papi e la vita e dottrina di san Francesco
E perché fu volontà non solo del nostro Padre san Francesco, ma anche di Cristo, nostro Redentore, che si osservasse la Regola con semplicità, alla lettera, senza glossa,
E accettiamo per unico, vivo commento alla nostra Regola le dichiarazioni dei Sommi Pontefici e la vita santissima, la dottrina e gli esempi del nostro Padre san Francesco.
6. Si osservi il Testamento del Padre san Francesco
Perché, inoltre, quali veri e legittimi figlioli di Cristo, nostro Padre e Signore, di nuovo generati da Lui in san Francesco, siamo partecipi della sua eredità,
Questo accettiamo per spirituale commento ed esposizione della nostra Regola, così come da lui stesso a questo fine fu scritto, affinché si osservasse meglio e cattolicamente la Regola professata.
Anzi, perché noi in tanto siamo figli del serafico Padre in quanto ne imitiamo la vita e la dottrina, siccome il nostro Salvatore disse agli Ebrei: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo!»,
Si esorta, perciò, ogni frate a sforzarsi di imitare questo nostro Padre, che ci è stato dato per guida, norma ed esempio;
7. «Stare all’ultimo posto»
E perché il nostro Padre, tutto divino, contemplava Dio in ogni creatura,
Li chiamò, per questo, Frati Minori, perché non solo si considerassero, nel loro cuore, inferiori a tutti, ma anche, invitati nella Chiesa militante alle nozze del suo santissimo sposo, Gesù Cristo, cercassero di stare all’ultimo posto,
8. Rinuncia ad ogni privilegio ed esenzione nella Chiesa
Considerando, intanto, che la libertà che ci deriva dai privilegi e dall’esenzione dell’essere soggetti agli Ordinari, non solo è vicinissima alla superbia, ma è contraria all’umile e francescana minorità e molte volte, perturbando la pace, ha generato scandalo nella Chiesa di Dio; per conformarci, perciò, all’umile Cristo crocifisso, che venne a servirci, fatto obbediente a Dio sino alla dura morte di croce
Si dispone, pertanto, che tutti i Vicari, nelle loro Province vadano dai Vescovi delle loro Diocesi e dai Prelati ordinari che sono umilmente sottoposti al Sommo Pontefice Romano, capo e superiore di tutti, e offrano con umiltà, a nome proprio e di tutti i loro frati, obbedienza e riverenza in tutte le cose divine e canoniche, rinunciando ad ogni privilegio che altro potesse consentire.
9. Obbedienza e sottomissione universale
Come fu volontà del nostro Padre,
Si esortano anche i frati ad obbedire sempre con ogni possibile riverenza al Sommo Pontefice, padre supremo di tutti i cristiani, e a tutti i prelati, anzi ad ogni creatura che ci mostri la via di Dio, nella convinzione che quanto più è insignificante quella persona alla quale si obbedisce per amore del nostro Signore Gesù Cristo, tanto più l’obbedienza è gloriosa e gradita a Dio.
10. Conferma giuridica del Padre Generale dei Conventuali
Ugualmente non solo si ordina che i frati siano sottoposti ai loro vicari, custodi e guardiani, ma si stabilisce che il padre nostro Vicario generale, una volta eletto, si presenti umilmente o mandi qualcuno al reverendo Padre generale dei Conventuali, per essere da lui confermato.
11. Rinuncia ai privilegi che rilassano la Regola.
E perché il nostro Padre san Francesco, per evitare simili privilegi, comanda nel suo Testamento ai suoi frati di non chiedere alla Corte Romana alcuna lettera «per la persecuzione dei loro corpi»,
CAPITOLO SECONDO
12. Discernimento delle vocazioni e loro età
Poiché si desidera che il nostro Ordine cresca molto più in virtù, perfezione e spirito che in numero di frati – si sa, infatti, che, come disse l’infallibile Verità, «molti sono chiamati, ma pochi eletti»
Per evitare pure ogni meraviglia e scandalo, si proibisce l’accettazione di quelli che non avranno compiuto i sedici anni, oppure, se li passano, conservano ancora l’aspetto di ragazzi, affinché si rendano conto di ciò che promettono.
14. I postulanti prima della vestizione «siano sperimentati»
Si comanda anche che quelli che saranno ammessi a questa vita, prima che abbiano ad indossare il saio, siano sperimentati in qualcuno dei nostri conventi, per diversi giorni, in tutte quelle cose alla cui osservanza sono tenuti i frati, affinché si veda la loro buona volontà ed essi assumano così importante impegno con maggior lume, maturità e deliberazione. Lo stesso s’intende anche per i religiosi che vorranno venire a vivere la nostra vita.
E perché questo principio meglio si osservi, si ordina che i Vicari provinciali non accolgano nessuno senza il consiglio e il consenso della maggior parte dei frati che si troveranno in quel convento.
15. Espropriazione dei novizi
Cristo, sapientissimo maestro,
Perciò si ordina che, per conformarci a Cristo nostro Signore e alla volontà del serafico Padre, nessuno vesta il saio se, potendolo, non avrà prima distribuito tutti i suoi beni ai poveri, come è conveniente a chi sceglie di sua volontà una vita povera.
In questo suo atto si potrà in parte vedere il suo spirito fervente o tiepido e, d’altra parte, egli potrà servire Dio con mente più quieta e ferma. I frati, poi, non avendo nessuna occasione di ingerirsi nelle sue cose, se ne staranno sinceri nella loro santa pace.
16. Gli abiti secolari dei novizi
Si ordina anche che si conservino fino al giorno della professione gli abiti dei novizi che vengono dalla vita secolare; gli abiti dei religiosi, invece, per alcuni giorni.
Perseverando essi, gli abiti dei secolari siano dati da loro stessi ai poveri, quelli dei religiosi siano dati dai Vicari provinciali direttamente o per mezzo di qualche pia persona.
17. Il padre maestro e la formazione dei novizi
Ad evitare che possa esserci detto ciò che Cristo santissimo disse agli Scribi e ai Farisei: Guai a voi, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito; ma poi, quando l’avete conquistato, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi!,
Siano dati ad essi dei maestri fra quelli più maturi, morigerati e illuminati della via di Dio. Questi abbiano diligente cura d’insegnar loro non solo le cerimonie, ma le cose dello spirito, necessarie per imitare perfettamente Cristo, nostra luce, via, verità e vita.
Non si ammetta nessuno alla professione, se prima non sappia perfettamente ciò che deve promettere ed osservare.
18. Silenzio e raccoglimento dei novizi
E affinché, nella quiete, nella pace e nel silenzio, i novizi meglio si fortifichino nello spirito, si prescrive che nessuno si dilunghi a parlare con loro, fatta eccezione per il padre guardiano e il loro maestro.
Non entri nessuno nella loro cella, né essi vadano nella cella di altri, senza speciale permesso.
19. Impegno dei novizi professi
Perché meglio apprendano a portare il giogo del Signore,
20. Preparazione alla professione
Siccome, poi, secondo alcuni Dottori, i novizi, quando fanno la loro professione con le dovute condizioni, sono restituiti all’innocenza battesimale, si ordina che detti novizi si preparino con grande diligenza, prima della loro professione, con confessione, comunione e molte preghiere, avendo già fatto la confessione generale al momento del loro ingresso in religione per rivestire l’uomo nuovo.
Nell’ammettere questi novizi tanto allo stato religioso, quanto alla professione, si osservino i modi e le cerimonie in uso e approvate nel nostro Ordine.
21. Austerità del vestire
E perché non senza motivo Cristo comandò di attenersi all’austerità del vestire di san Giovanni Battista, quando disse: Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re!,
Non dimentichino i frati che i sacchi con i quali san Francesco volle che rappezzassimo i nostri abiti e il cordone col quale volle che ci cingessimo, non si adattano ai ricchi del mondo.
22. Numero dei vestimenti
Il Capitolo generale esorta ancora tutti i frati ad accontentarsi, potendolo, del solo abito, così come si esprime san Francesco nel suo Testamento riferendosi a sé e ai suoi frati, quando dice: «Ed eravamo contenti di una tonaca rappezzata di dentro e di fuori».
Tuttavia, se i frati saranno deboli fisicamente o spiritualmente, si concede loro per la Regola la seconda tonaca.
23. Forma e uso dei mantelli, abiti e tonache col cappuccio e cingolo
Affinché la povertà, tanto cara al Figlio di Dio
Gli abiti non superino in lunghezza l’articolazione dei piedi, siano larghi undici palmi e dodici per quelli corpulenti.
Le maniche non siano più larghe di quanto è necessario per fare entrare ed uscire il braccio, e siano lunghe fino a metà mano o poco più.
Le tonache siano di pochissimo prezzo e grossolane, larghe 8 o 9 palmi e per lo meno mezzo palmo più corte dell’abito.
II cappuccio sia quadrato, come si può vedere essere stati quelli di san Francesco e dei suoi compagni, che ancora restano come reliquie – lo si vede nelle antiche pitture ed è scritto nel libro delle Conformità –, di modo che l’abito nostro sia in forma di croce,
II cingolo dei frati sia una fune rozza, vilissima e grossa, con nodi semplicissimi, senza nessuna curiosità o singolarità, perché, disprezzati dal mondo, abbiamo occasione di mortificarci di più.
Non portino berretti, né cappelli, né cose doppie o superflue.
24. Stanzetta per i panni della comunità
In ogni nostra casa vi sia una stanzetta dove si conservino i panni della comunità da un frate a ciò incaricato, e da lui si tengano puliti e rattoppati per le necessità dei poveri frati; e questi, dopo averli usati secondo le loro necessità, li restituiranno, puliti, con ringraziamento.
25. Qualità dei letti
Perché i nostri letti siano alquanto simili a quello sul quale morì Colui che disse: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo,
26. Nudità dei piedi
Si ordina anche che, ad esempio di Cristo, i frati giovani e quelli che possono farlo, vadano scalzi, in segno di umiltà, testimonianza di povertà, mortificazione di sensualità e buon esempio al prossimo.
Non potendo fare ciò, secondo l’insegnamento evangelico
27. «Non avere in terra nessun affetto»
Affinché i frati ascendano alla vetta della più alta povertà,
Si contentino di un libretto di preghiere, anzi del solo Crocifisso, di due fazzoletti e di due mutande.
Ricordino che, secondo il serafico Padre, il frate minore non dev’essere altro se non uno specchio di ogni virtù, soprattutto della povertà.
28. «Non vi sia nessuna bestia, né si vada a cavallo»
Perché più sollecitamente corriamo lungo la via dei precetti divini,
29. Tonsura e barba
La tonsura si faccia ogni venti giorni, ovvero una volta al mese, con le forbici. Non si tengano bacini, ma un solo rasoio per le ventose.
Si porti la barba, seguendo l’esempio di Cristo santissimo
CAPITOLO TERZO
30. Liturgia secondo la «santa romana Chiesa»
Siccome il nostro serafico Padre, tutto cattolico, apostolico e divino, ebbe sempre speciale riverenza verso la Chiesa romana, come giudice e madre di tutte le altre Chiese,
Tanto i chierici, quanto i laici recitino i cinque Uffici per i morti seguendo il calendario.
31. Preparare le celebrazioni liturgiche
I chierici e i sacerdoti non molto istruiti vedano in precedenza quello che devono leggere pubblicamente nella Messa e nell’Ufficio divino, perché non turbino gli ascoltatori con discredito delle cose divine, né provochino contro di sé gli angeli santi che sono presenti alle lodi divine.
Sia nelle Messe sia nell’Ufficio divino non si dica altro al di fuori di ciò che sta nel messale e nel breviario, con le debite cerimonie.
32. Si celebri «per pura carità»
Inoltre si esortano i frati sacerdoti a non badare, quando celebrano, al favore o alla gloria umana
E si preparino, per quanto lo consente la loro debolezza umana, perché è maledetto chi compie fiaccamente l’opera del Signore.
33. «Celebrino spiritualmente»
Né vogliano ricevere in terra nessun premio per il loro celebrare, sull’esempio di Cristo, Sommo Sacerdote,
Si esortano anche gli altri frati che assisteranno i sacerdoti che celebrano i divini misteri, a farlo con somma riverenza, con mente angelica alla presenza di Dio; spiritualmente celebrino, si comunichino e offrano a Dio quel gratissimo sacrificio.
34. Età e intelligenza di chi è promosso al sacerdozio
E perché è di enorme importanza il celebrare, si stabilisce che nessun chierico venga ordinato sacerdote, se non ha compiuto ventiquattro anni, così come vuole la legge canonica. Quelli già ordinati sacerdoti si astengano dal celebrare fin quando non avranno la detta età.
Ugualmente si ordina che nessun chierico sia promosso al sacerdozio se, oltre alla buona disposizione d’animo, non avrà anche una mediocre intelligenza, affinché possa ben pronunziare e comprendere, quando celebra, le parole che dice.
Si ricordino dei loro benefattori in tutte le messe ed orazioni, pregando Dio di ricompensarli largamente nella vita presente e in quella futura.
35. Sollecitudine al coro
Si ordina inoltre che i chierici e i sacerdoti, che non siano legittimamente impediti, udito il primo suono di campana, convengano al coro per l’Ufficio divino quanto più presto potranno, per preparare il loro cuore al Signore.
Qui con devozione, compostezza, mortificazione, quiete e silenzio pensino che sono innanzi a Dio ad assumere l’angelico ufficio di celebrare le lodi divine.
36. Modo di celebrare la liturgia delle Ore
Si ordina anche che si dica l’Ufficio con ogni debita devozione, attenzione, maturità, uniformità di voce e consonanza di spirito, senza code o cantilena, con voce non troppo alta o bassa, ma mediocre.
E si sforzeranno i frati di salmeggiare a Dio più col cuore che con la bocca,
37. Ufficio divino dei fratelli laici
Si ordina pure che i fratelli laici convengano in coro al principio di Mattutino, di Vespro e di Compieta e al Te Deum laudamus. Fatta la comune preparazione, cominciato l’Ufficio, potranno ritirarsi in qualche parte secondo la loro devozione, e dire i Pater Noster, come fissato dalla Regola.
Si stabilisce inoltre che, in tutte le feste, i laici e i chierici non impediti da ragionevoli motivi, convengano al Vespro e a tutte le Messe che potranno.
38. «Non si ricevano morti»
Per evitare inconvenienti che potrebbero offendere l’altissima povertà,
39. Non si seppelliscano i morti nelle nostre chiese
Nei nostri conventi resta inoltre vietata la sepoltura di secolari, ma anche di nostri frati. Non vogliamo che si seppelliscano i morti nelle nostre chiese, in cui, per la presenza di Cristo purissimo, deve regnare ogni mondezza, ma in qualche luogo conveniente, presso le chiese, oppure nel chiostro.
I frati, visitando gli infermi, si guardino dall’indurli a farsi seppellire nelle nostre chiese; anzi, se quelli lo volessero, non acconsentano in alcun modo. E perché questo fatto insolito non diventi occasione di scandalo, se ne potranno informare coloro che ne ignorano i ragionevoli motivi e così renderli persuasi.
40. «E preghino per i morti»
Quando morirà qualcuno dei nostri frati, gli altri, con pio affetto di carità, ne raccomanderanno l’anima a Dio.
Ogni sacerdote che si troverà nella Provincia dove morirà il frate, celebrerà una Messa per lui; i chierici diranno le Vigilie di nove letture e i laici cento Pater noster. Ogni sacerdote, inoltre, tutte le settimane celebri una Messa per tutti i nostri frati defunti.
41. Preghiera continua e tempi di preghiera
E perché l’orazione è la maestra spirituale dei frati, acciocché lo spirito della devozione non s’intiepidisca nei frati, ma al contrario ardendo continuamente sull’altare
42. Fare più orazione mentale che vocale e premettervi le Litanie dei Santi
E si ricordino i frati che pregare non è altro che un parlare a Dio col cuore. Pertanto non prega chi parla a Dio solo con la bocca. Si sforzerà, quindi, ciascuno di fare orazione mentale e, secondo la dottrina di Cristo ottimo Maestro,
Prima della preghiera, dopo Nona o Mattutino, oppure, nei giorni di digiuno, dopo Sesta, si dicano le Litanie, invocando tutti i Santi a voler pregare Dio con noi e per noi.
Non si aggiunga altro Ufficio in coro tranne quello della Madonna, affinché i frati abbiano più tempo da dedicare alla preghiera segreta e mentale, assai più fruttuosa di quella vocale.
43. Si preghi per il Papa, i vescovi e i governanti, per il clero, i laici e i benefattori
II nostro Padre, così come appare all’inizio e alla fine della Regola,
Perciò si ordina che ogni frate, nelle preghiere comunitarie e nelle sue private orazioni, preghi la bontà divina per il felice stato della Chiesa militante e per Sua Santità il Papa, perché il Signore gli dia la grazia di chiaramente conoscere, efficacemente volere e potentemente operare tutte quelle cose che sono a onore e a gloria di Dio, a salvezza del popolo cristiano e conversione degli infedeli.
Preghi ugualmente ogni frate per tutti i cardinali, vescovi e prelati che riconoscono l’autorità pontificia, per il serenissimo Imperatore, per tutti i re e i principi cristiani e per tutti i fratelli, particolarmente per coloro ai quali siamo più obbligati.
Si ordina anche che si dicano per i benefattori i cinque Uffici posti nel calendario, come è detto precedentemente.
44. Silenzio evangelico
Essendo il silenzio custodia dello spirito interiore e poiché, secondo san Giacomo, è vana la religione di colui che non sa frenare la propria lingua,
È così grande la ricchezza dei divini benefici,
45. Silenzio regolare
Quanto al silenzio regolare, sia esso continuo in chiesa, nel chiostro e nel dormitorio; mentre nel refettorio, dal primo segnale della mensa fino al momento del ringraziamento, e in ogni luogo, da quando sarà detta l’ora di Compieta fino a che non suoni Prima; e da Pasqua fino all’Esaltazione della Santa Croce si dia il segno del silenzio dopo Sesta fin quando sia finita la preghiera dopo Nona.
Chi romperà il silenzio dica nel refettorio, con le braccia in croce, cinque Pater noster e cinque Ave Maria.
Si sforzino sempre i frati, in ogni luogo e circostanza, di parlare di Dio con voce sommessa e umile, con modestia e carità.
46. Non uscir soli, né senza obbedienza e correggersi fraternamente
Si ordina pure che i frati non vadano soli, ma con un compagno, ad imitazione dei santi discepoli del santissimo Salvatore.
Conservando lo spirito della correzione evangelica,
Né vadano senza l’obbedienza scritta del loro ministro, cui sia stato apposto il sigillo del padre Vicario oppure quello del convento. Pertanto si stabilisce che ogni convento abbia il suo sigillo, così come è antica consuetudine dei religiosi.
Per via non si separino, non discutano fra loro, ma, con ogni umiltà e carità,
47. Evangelico saluto
E perché san Francesco scrive nel suo Testamento
48. Abbandono alla provvidenza nei viaggi
Dovendo i veri frati dipendere con viva fede dal misericordioso
Nelle città o nei castelli, ai quali sono vicini i nostri conventi, i frati non si fermino a dormire o a mangiare fuori di essi luoghi senza grave necessità.
49. «I frati non vadano alle feste»
E perché chi si diletta delle feste del mondo facilmente si macchia, si ordina che i frati non vadano alle feste, se non per predicare la parola di Dio, sull’esempio di Cristo nostro unico Maestro,
Ricordandosi che, secondo l’apostolo Paolo, siamo divenuti spettacolo a Dio, agli angeli e agli uomini del mondo,
50. Digiuni e provviste di cibo
E poiché l’astinenza, l’austerità e la rigidezza sono lodate specialmente nei Santi, dal momento che abbiamo scelto una vita aspra sull’esempio di Cristo nostro Signore
Non si facciano provviste esagerate o superflue, anzi neppure ordinarie.
Di mercoledì non si mangi carne.
51. Qualità e quantità dei cibi
Per mortificare l’ingordigia del ventre, si dia a mensa una sola specie di minestra. Nel tempo di digiuno si aggiunga un’insalata cotta o cruda. Pensino che basta poco per soddisfare alla necessità e nessuna cosa per contentare la sensualità.
52. Usare vino molto annacquato
Affinché poi, secondo l’insegnamento del nostro santissimo Salvatore, i nostri cuori non si appesantiscano in orge e ubriachezze,
E questo ci deve sembrare addirittura delizia sensuale, dato che, secondo il serafico san Bonaventura, il nostro Padre san Francesco non ardiva bere a sufficienza acqua fresca per mitigare l’ardore della sete;
Sarà per loro dolce la rinuncia se penseranno che a Cristo fu negata l’acqua sulla croce e gli fu dato vino con mirra, ovvero aceto e fiele.
53. Povertà, carità e lettura alla mensa
Si comanda inoltre che a mensa non si facciano pietanze speciali a nessuno, fatta eccezione per gli infermi, quelli di passaggio, i vecchi o i molto deboli, così come richiede e prescrive la carità.
Se qualche frate vorrà astenersi dal vino, dalla carne, dalle uova e da altri cibi o voglia digiunare più spesso, se il ministro vede che ciò non possa nuocergli non lo impedisca, anzi lo incoraggi a continuare, purché mangi insieme con gli altri.
In segno di povertà non si usi tovaglia alla nostra mensa, ma un povero tovagliolino per frate.
E affinché si nutra non solo il corpo, ma molto più lo spirito,
54. Non si facciano specialità alla mensa
Si ordina pure che i frati non chiedano né ricevano cibi ricercati, non convenienti al nostro stato di poveri. Nello stesso tempo non si faccia uso di aromi di cucina, tranne che non sia necessario per gli infermi, ai quali si deve usare ogni possibile carità, sì come vuole la Regola
E se fosse mandato ad essi qualche cibo superfluo, ringraziando con umiltà non lo accetteranno o, con il permesso dei donatori, lo dispenseranno ai poveri.
55. Accogliere i forestieri
E perché alcuni degli antichi patriarchi meritarono per la loro ospitalità di ricevere gli angeli,
Ad esempio dell’umile Figlio di Dio laveranno loro i piedi,
56. Tempi delle «discipline consuete»
Perché il nostro corpo non recalcitri contro lo spirito, ma gli sia in tutto obbediente,
Disciplinandosi, i frati pensino con cuore tenero al loro dolce Cristo, Figlio di Dio, legato alla colonna. Si sforzino di sentire una piccola parte dei suoi penosissimi dolori. Dopo la Salve Regina si dicano cinque devote orazioni.
CAPITOLO QUARTO
57. I nostri veri procuratori e avvocati
Sapendo il nostro Padre san Francesco che, secondo l’insegnamento degli Apostoli, l’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali,
Anche Cristo, nostro Signore, diceva: Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia.
Perciò noi, volendo correttamente e pienamente soddisfare alla pia intenzione e al desiderio del nostro Padre, ispirato dallo Spirito Santo, ordiniamo che i frati non abbiano in nessun modo, in terra, rappresentante o procuratore o persona alcuna in qualunque modo fosse chiamata, che tenga o riceva denari o pecunia per essi frati, o per loro richiesta, ricerca, istanza, o a nome loro, a motivo di un certo riguardo o legame con essi.
Ma il nostro procuratore e difensore sia Gesù Cristo Dio nostro, e la sua dolcissima Madre sia la nostra sostituta e avvocata e tutti gli angeli e gli altri santi siano i nostri amici spirituali.
58. Esortazione alla povertà
E perché l’altissima povertà
Soleva dire il serafico Padre che i suoi veri frati non devono fare più stima della pecunia e dei denari che della polvere; ed averla in orrore come un serpente velenoso.
Quante volte il pio e zelante Padre, prevedendo nel suo animo che molti frati, mettendo da parte questa evangelica perla,
59. «Non si accettino legati»
L’esperienza dimostra a tutti che il frate, non appena scaccia da sé la povertà, cade in ogni altro brutto vizio. Perciò i frati, seguendo l’esempio del Salvatore del mondo e della sua diletta Madre,
E soprattutto facciano attenzione, visitando qualche ammalato, a non indurlo, né direttamente né indirettamente, a lasciare a noi alcun bene temporale. Anzi, se quello lo voglia fare, non acconsentano, ma si oppongano per quanto giustamente possono, pensando che non si può possedere nello stesso tempo ricchezze e povertà.
Non si accettino legati.
60. Del ricorso agli amici spirituali
Circa il ricorso agli amici spirituali, per possedere più sicuramente questo prezioso tesoro della povertà,
Per essere di meno peso agli amici, nessun frate faccia comprare cosa alcuna di notevole prezzo o pagare senza il permesso del Vicario provinciale.
Si concede però il ricorso ad essi per cose veramente necessarie che non si possono avere in altro modo, ma sempre con il permesso dei superiori, di modo che vi sia sempre in ogni ricorso la vera necessità e il permesso.
61. «Sopportare la mancanza delle cose del mondo»
E perché siamo chiamati a questa vita per vivificare lo spirito mortificando questo nostro uomo esteriore,
62. Guardarsi dal «demonio meridiano» e da una falsa povertà
E si guardino i frati dallo sterminio devastatore di Satana,
Né intendano appartenere a quei falsi poveri,
CAPITOLO QUINTO
63. Unione con Dio «nostro ultimo fine»
Dato che il nostro ultimo fine è Dio, al quale ognuno deve tendere con ardore per trasformarsi in Lui,
64. Mezzi per andare a Dio: voti e virtù evangeliche
E perché senza mezzi non si ottiene il fine, perciò ciascuno si sforzi di mettere da parte tutte le cose che, in quanto inutili o dannose, ci possano ritrarre dalla via di Dio o impedirci di percorrerla.
Non curandosi delle cose che non li riguardano, i frati scelgano quelle che sono utili o necessarie per andare a Dio, preferendo fra le altre quelle che più servono, come l’altissima povertà,
65. Modo e tempo di lavorare
Ma perché è difficile che l’uomo possa stare sempre tutto elevato in Dio, per evitare l’ozio, radice di ogni male,
Perciò si ordina che sempre, mentre si lavora, o si parli di Dio o si legga qualche libro devoto.
66. Lavorare devotamente
Si guardino bene i frati di non mettere il loro fine nel lavorare, né porre in quello alcun affetto, né occuparvisi tanto da estinguere, diminuire o rallentare lo spirito al quale tutte le altre cose devono servire.
67. In che consiste la povertà evangelica
D’altra parte ogni frate pensi che la povertà evangelica consiste nel non avere affezione a cosa terrena, nell’usare molto parcamente le cose del mondo,
Ricordino ancora i frati che siamo come all’albergo e mangiamo i peccati dei popoli.
68. Il tempo è denaro: si fugga l’ozio
II devoto san Bernardo dice che nessuna cosa è più preziosa del tempo e nessuna cosa oggi è reputata più vile. Lo stesso san Bernardo dice ancora che saremo minutamente esaminati su come avremo speso ogni tempo a noi concesso da Dio.
È per questo che esortiamo tutti i nostri fratelli a non stare mai in ozio, a non spendere il loro tempo in cose di poca o nessuna utilità né in discorsi vani o inutili, ricordandosi sempre della tremenda sentenza della Verità infallibile, che renderemo conto di ogni parola vana nel giorno del giudizio.
Spendano invece tutto il tempo in esercizi spirituali o corporali lodevoli, convenienti e utili, ad onore e gloria della Divina Maestà e ad edificazione e buon esempio del nostro prossimo e dei nostri fratelli, religiosi e secolari.
CAPITOLO SESTO
69. Francesco contempla la povertà nei misteri di Cristo
II serafico nostro Padre san Francesco, considerando l’altissima povertà
Perciò noi, volendo imitare in verità Cristo in così nobile esempio e osservare concretamente il serafico precetto della celeste povertà, per dimostrare realmente che non abbiamo nessuna giurisdizione, nessun dominio, nessuna proprietà, nessun possesso legale, nessun usufrutto, insomma nessun uso giuridico di cosa alcuna, anche di quelle che usiamo per necessità,
70. Inventario degli oggetti e gratitudine al padrone di casa
Abbiamo stabilito che in ogni convento si tenga un inventario in cui siano annotate tutte le cose di notevole valore, prestateci dai loro rispettivi proprietari per nostro necessario e semplice uso.
Entro l’ottava della festa del serafico Padre ogni guardiano vada innanzi tutto dal padrone della casa e, ringraziandolo di averla loro prestata nell’anno precedente, lo preghi umilmente di volerla con benevolenza prestare ai frati ancora per un anno. Ma se il proprietario volesse riprenderla, i frati se ne andranno senza alcun segno di tristezza, anzi con cuore allegro, accompagnati dalla divina povertà, riconoscendosi obbligati per il tempo che l’ebbero in prestito e per nulla offesi, se, essendo sua, egli non abbia voluto prestarla nuovamente, non essendo tenuto a ciò.
Lo stesso facciano per tutte le altre cose di un certo valore, riconsegnandole ai loro proprietari, quando potranno farlo comodamente, come calici e simili oggetti; o almeno promettano di ridarle, qualora non volessero più rifare il prestito. Nel caso che tali oggetti fossero fuori uso, saranno ridati così come sono ai proprietari o si chieda il permesso di distribuirli ai poveri.
71. Modo di pigliar luoghi
Si ordina pure che, quando i frati vorranno erigere un nuovo convento, vadano, seguendo l’esempio dell’umile Francesco,
72. Casa in prestito
Si guardino bene i frati dall’accettare una casa con l’obbligo di tenerla per sempre. Al contrario si stabilisce che l’accettino a condizione di poterla lasciare quando sembrasse conveniente per l’esatta osservanza della Regola, sicché, occorrendo lasciarla, non si desti stupore.
73. Come pellegrini in «piccoli tuguri dei poveri»
Poiché come pellegrini, seguendo l’esempio degli antichi patriarchi,
Di qui si capisce che non è affatto lecito ai frati costruirle o consentire che si costruiscano sontuosamente. Non debbono i frati, per far cosa grata ai potenti di questo mondo, dispiacere a Dio, violare la Regola, scandalizzare il prossimo e offendere l’evangelica promessa povertà. Gran differenza vi deve essere fra i grandi palazzi dei ricchi e i piccoli tuguri dei poveri mendicanti, pellegrini e penitenti.
Perciò si ordina che non si accettino case, o che sian fatte per noi o per altri, e tanto meno si costruiscano. Né permettano i frati che siano fabbricate per loro, se non corrisponderanno esattamente allo spirito di quella santissima povertà che abbiamo promessa.
74. Un «piccolo modello» per l’architettura cappuccina
A tale scopo si è preparato un piccolo modello secondo il quale si potrà costruire.
Le celle non superino nove palmi in lunghezza e in larghezza, dieci in altezza; le porte siano alte sette palmi e larghe due e mezzo; le finestre alte due e mezzo, larghe uno e mezzo; l’andito del dormitorio sia largo sei palmi. E, così, gli altri locali siano piccoli, umili, poveri, vili e bassi, affinché ogni cosa predichi umiltà, povertà, disprezzo del mondo.
Anche le chiese siano piccole, povere e decorose, e non vogliamo averle grandi per potervi predicare, perché come disse san Francesco, si dà migliore esempio predicando nelle chiese altrui che nelle nostre, soprattutto con l’offendere la santa povertà.
75. «Abbiano per loro specchio le piccole case dei poveri»
Per evitare inoltre tutte quelle cose che potrebbero offendere la povertà, si ordina che i frati non si intromettano in nessun modo nelle costruzioni, tranne che per indicare a coloro ai quali saranno commessi i lavori la povera forma del modello per sollecitarli e dar loro aiuto manuale. Si sforzeranno inoltre i frati, per quanto potranno, di fare quello che si può fare con vimini, fango, canne, mattoni crudi e materiale di poco valore, sull’esempio del nostro Padre e in segno di umiltà e povertà.
76. Licenza per prendere o lasciare, edificare o demolire le case
A scanso di ogni disordine si stabilisce che non si prenda o lasci, non si edifichi o demolisca nessuna casa senza il permesso del Capitolo provinciale e del padre Vicario generale.
Nessun guardiano abbia la possibilità di edificare o di distruggere, se non secondo gli sarà ordinato dal suo Vicario provinciale, il quale andrà ad indicare la forma di tali edifici insieme con alcuni frati adatti a tale compito.
77. Distanza dei luoghi
Affinché, poi, i secolari possano servirsi di noi nella vita spirituale e noi di loro nelle cose temporali,
Basta che siano normalmente alla distanza di un miglio e mezzo circa, avvicinandoci di più (sull’esempio dei santi Padri, specialmente del nostro)
78. Foresteria
Si è anche stabilito che nei nostri conventi (dove è possibile) si allestisca una stanzetta col camino per accogliere, in caso di bisogno, i pellegrini e i forestieri, come ricerca la carità e comporta la nostra povertà.
79. Cella eremitica
Si ordina pure che in ogni luogo dove comodamente si potrà, nella zona boscosa concessa ai frati, vi siano una o due cellette, staccate dalla comune abitazione dei frati e solitarie,
In questo periodo di tempo non si parli con lui, perché egli possa nella pace godere Dio. Gli parli soltanto il suo padre spirituale che gli farà da madre nel provvedere a lui, secondo la pia mente del nostro serafico Padre,
80. Alberi e viti superflue
Si ordina ancora di non tagliare le viti o gli alberi superflui che si trovano nei luoghi scelti a dimora dei frati. Semmai, con consenso del proprietario, i frutti si diano ai poveri.
Si tolgano pure le viti, ma si consegnino perché siano piantate in altri luoghi o siano date ai poveri.
81. Provvista di cibo necessario e fede nella Provvidenza
E perché, secondo l’insegnamento evangelico,
Pertanto si ordina che nei nostri conventi non si faccia alcuna provvista, ancorché necessaria, per il vitto, soprattutto di quello che si può mendicare ogni giorno, per più di due o tre giorni, al più per una settimana, secondo le necessità dei tempi e dei luoghi.
Non si può conservare la frutta se non per poco tempo, secondo il parere del Provinciale.
82. Non si tengano botti – Provvista di legna
Per chiudere la via alla superflua provvista umana, si comanda che non vi siano né botti, né barili nei nostri conventi, ma solamente alcuni poveri recipienti o dei fiaschi.
Si potrà fare provvista di legna per due o tre mesi, soprattutto per l’inverno.
83. Non si questuino cibi prelibati, eccetto per gli infermi
Perché la mendicità dei frati non sia causa di ricchezza e di cibi delicati e non sia tale di nome e non di fatto,
84. Parole di san Francesco
I frati soprattutto facciano attenzione che, abbondando le elemosine, per il favore dei grandi e per la fede del popolo e la devozione del mondo, non abbandonino la loro santissima madre povertà come illegittimi figli di san Francesco.
Si ricordino, invece, di quelle belle parole che il loro Padre era solito dire con ardentissimo affetto d’amore: «Ringrazio Dio di aver sempre conservato fede, per la Sua bontà, alla mia diletta sposa povertà.
85. Questua per i poveri in tempo di carestia
Si è anche ordinato che in tempo di carestia, per venire incontro ai bisogni dei poveri, alcuni frati incaricati dai loro Ministri, facciano la questua, sull’esempio del nostro piissimo Padre che aveva gran compassione dei poveri. Quello che gli era dato per amore di Dio lo voleva solo a questo patto di poterlo dare ai poveri, qualora avesse trovato uno più povero di lui.
Molte volte (così si legge) per non restare senza la nuziale ed evangelica veste della carità, si spogliò dei propri abiti per darli ai poveri.
86. Proibizione di chiavi particolari
E poiché la volontaria povertà non ha niente ed è ricca di tutto
87. Permesso dei guardiani per dare qualcosa ai secolari
Poiché non possediamo nulla
Questi, a loro volta, non possono donare né dare ad altro frate il permesso, se non per cose minime e di poco valore, ottenutane l’autorizzazione dai loro Vicari provinciali.
88. Cura degli ammalati
E affinché si soddisfaccia alle necessità degli infermi, come suggerisce la coscienza, comanda la Regola
E ogni frate pensi a ciò che vorrebbe fosse fatto a sé in un simile caso.
89. Servire gli appestati
E perché per coloro che non sono legati da affetti terreni è dolce, giusto e doveroso morire per Colui che morì per noi in croce,
CAPITOLO SETTIMO
90. Confessioni dei secolari
Si ordina, innanzi tutto, per evitare il pericolo dei sudditi e dei superiori, che nessun frate confessi i secolari senza il permesso del Capitolo o del padre Vicario generale, affinché tale ufficio, che richiede, oltre alla buona coscienza e alle capacità, anche la dovuta esperienza, non si eserciti da quelli che non sono idonei.
Quelli, poi, che sono designati confessori, non confessino ordinariamente, ma in casi particolari, quando dovessero esserne costretti da carità. Questo per evitare ogni pericolo e distrazione della mente, in modo che, concentrati e raccolti in Cristo, possano correre alla patria celeste
91. Frequente confessione e comunione e luogo del Santissimo Sacramento
Si comanda inoltre che i frati si confessino almeno due volte la settimana e si comunichino ogni quindici giorni o più spesso, quando essi vogliano e quando il loro superiore giudichi che sia loro conveniente. Però nel tempo dell’Avvento e di Quaresima si comunichino ogni domenica.
Badino bene, secondo l’avvertimento apostolico, di esaminare prima attentamente se stessi, la loro nullità e indegnità e, d’altra parte, il nobile dono di Dio dato con tanta carità, affinché non lo ricevano a condanna delle loro anime, ma ad aumento di luce, grazia e virtù.
Quest’altissimo e divin Sacramento, nel quale il nostro dolcissimo Salvatore così dolcemente si degna di abitare di continuo con noi,
92. Possibilità di confessarsi da altri sacerdoti
Si concede ai frati di potersi confessare da altri sacerdoti in caso di necessità, quando si troveranno fuori dei nostri conventi.
93. Ospitalità
Per alimentare la carità, madre di ogni virtù, si ordina che si accolgano con ogni possibile umanità cristiana quelle persone che verranno nei nostri conventi, particolarmente i religiosi, come quelli più specificamente deputati al divino ossequio, come ci esortava il nostro Padre nella sua prima Regola.
94. Ricorso dei frati che peccano e mansuetudine dei Ministri
Si ordina pure che nei casi riservati i peccatori ricorrano umilmente, quanto più presto potranno, senza farsi notare e comodamente, ai loro Ministri, ai quali possano e debbano confidarsi.
E i Ministri, se li vedranno veramente contriti e umiliati
95. Alcuni detti di san Francesco
Ricordino inoltre che il nostro Padre san Francesco era solito dire che, quando si vuole alzare uno che è caduto, bisogna inclinarsi per pietà, come fece Cristo, piissimo Salvatore, quando gli fu presentata l’adultera,
Nell’imporre la penitenza mirino sempre a salvare non a perdere l’anima e la reputazione di quel povero frate, del cui peccato nessun frate dovrà scandalizzarsi. Nessuno dovrà svergognarlo, fuggirlo o aborrirlo, anzi dovrà aver compassione di lui
Il Signore lasciando nel mondo, al posto suo, quale universale pastore
96. Severità e punizione con misericordia e giustizia
Considerino, d’altra parte, che non punire chi pecca è aprire la porta di ogni vizio ai cattivi e invitarli al peccato; perciò, secondo la Regola, son tenuti a dare la giusta penitenza anche se con misericordia.
Per questo ordiniamo che nelle cose nostre, e specialmente nella correzione e punizione dei frati, non ci si attenga alle sottigliezze della legge né a condanne giudiziarie, affinché il nostro Ordine, possessione del Signore,
97. Non è lecito appellarsi
Secondo le concessioni di Bonifacio VIII, Innocenzo e Clemente, di felice memoria, a nessun frate sia lecito appellarsi contro i propri superiori a persone fuori del nostro Ordine, sotto pena di scomunica latae sententiae, di carcere e di espulsione dall’Ordine. Noi non siamo, infatti, venuti alla vita religiosa per litigare, ma per piangere i nostri peccati,
Perché i cattivi non siano in futuro di impedimento ai buoni, essi siano puniti dai superiori con misericordia.
98. Fede cattolica e frati eretici
E perché tutti i cristiani e particolarmente noi frati di san Francesco dobbiamo sempre avere integra e illibata la fede apostolica della santa Chiesa romana (Rb 12,5), e quella soltanto tenere fermamente e sinceramente predicare e per la sua difesa essere pronti a versare il proprio sangue fino a morire, ordiniamo che se qualche frate per tentazione del diavolo si trovasse macchiato (Dio non voglia!) di qualche errore contro la fede cattolica, sia messo in carcere a vita (cf 2Test 37-39).
Per punire questi o altri simili colpevoli, vi siano in alcuni dei nostri conventi carceri forti, ma umane.
99. Apostati, da chi e come si devono ricevere e punire
E perché alcuni frati, avendo in odio la solitudine e la nostra quiete, non ritornino alle carni di Egitto,
Al detto Vicario generale e ai Vicari provinciali viene affidata la determinazione del tipo e della misura delle pene, con le quali colpire questi apostati e tutti gli altri colpevoli. I Vicari sono tenuti a punirli con caritatevole discrezione secondo la gravità dei peccati e l’umiltà dei penitenti, seguendo le antiche costituzioni e la lodevole consuetudine del nostro Ordine.
L’esimio Dottore sant’Agostino dice che il fine per cui si castiga e si perdona è sempre di correggere la vita dell’uomo. Perciò in tali processi la giustizia venga così moderata dalla misericordia che non venga meno il rigore della disciplina e non si ecceda per eccessiva severità, ma il peccatore, come ammalato,
A questo scopo si scelgano come nostri superiori persone mature e piene di discrezione, ricche di scienza, coscienza ed esperienza, che in tutte le cose procedano con il consiglio dei più anziani fratelli.
100. Non si rivelino i segreti dell’Ordine
E affinché le punizioni, da noi inflitte con buon zelo, non siano impedite o sinistramente giudicate, e ci sia maggiore libertà di procedere contro i colpevoli, si proibisce di manifestare i segreti
Dobbiamo conservare, per quanto è possibile, la fama di tutti, attendendo sempre a quelle cose che sono a lode e gloria di Dio,
CAPITOLO OTTAVO
101. Autorità come servizio
Secondo la dottrina di Cristo, nostro umile
Pertanto si esortano tutti i superiori ad essere ministri e servi di tutti i loro frati.
102. Umiltà e semplicità nelle elezioni
In ogni elezione si agisca puramente, semplicemente, santamente e canonicamente.
Seguendo l’esempio di Cristo, pietoso nostro Signore, quando siamo invitati alle sue nozze sforziamoci di stare all’ultimo posto
E fuggendo con Cristo le dignità,
103. Capitoli generali e provinciali
Si ordina che si convochi il Capitolo generale ogni tre anni, nella festa di Pentecoste, come la più adatta a un così importante evento e stabilita dal nostro serafico Padre.
I Capitoli provinciali si tengano ogni anno, il secondo o terzo venerdì dopo Pasqua.
104. Rinuncia e consegna dei sigilli
In segno di umiltà e per dimostrare la sincerità del loro animo lontano da ogni specie di ambizione, il Vicario generale nel Capitolo generale e i Vicari provinciali nei Capitoli provinciali rinunceranno spontaneamente ai loro uffici e ad ogni autorità nelle mani dei Definitori eletti dal Capitolo; e deporranno nelle mani degli stessi Definitori i sigilli, a testimonianza di perfetta rinuncia.
105. Quando muore il Vicario generale
Se il padre Vicario generale dovesse morire durante il suo triennio, si stabilisce che diventi Commissario generale il primo Definitore del precedente Capitolo.
Nel caso che questi fosse morto, sarà Commissario il secondo, e così di seguito.
Il Commissario sarà tenuto nel più breve tempo possibile a convocare il Capitolo per la festa di Pentecoste, o all’incirca, o a settembre, nel luogo già stabilito o che gli sembrerà conveniente, ascoltato il parere degli altri Definitori, quando li potrà comodamente reperire.
106. «Modo certo, sicuro e facile» per deporre il Generale
Quando il Vicario generale non fosse idoneo, per fissare un modo certo, sicuro e facile per poterlo deporre, come san Francesco impone nella sua Regola,
E se il Vicario generale tentasse di impedire tale convocazione del Capitolo, sia privato ipso facto dell’ufficio.
Se poi il Capitolo giudicasse il Vicario generale immeritevole di essere deposto e quindi ingiustificato il subbuglio creato nell’Ordine dai tre suddetti Definitori, questi siano gravemente puniti, ad arbitrio del Capitolo stesso, per avere agito così indiscretamente.
107. Elezione dei Definitori
Si stabilisce anche che tutti i frati presenti nel luogo del Capitolo abbiano voce passiva nella elezione dei Definitori. In tale elezione i Vicari abbiano voce attiva: il Generale al Capitolo generale e i Provinciali nei Capitoli provinciali.
Si determina inoltre che nel Capitolo generale siano eletti sei Definitori, dei quali due tutt’al più potranno essere di quelli già stati Definitori nell’ultimo Capitolo.
Nei Capitoli provinciali siano eletti quattro Definitori, dei quali similmente non più di due possono essere fra quelli dell’anno immediatamente precedente.
108. Durata del servizio del Provinciale
Si stabilisce ugualmente che i Provinciali non abbiano incarichi almeno per un anno dopo il loro triennio, tranne che per un ragionevole motivo non sembri giusto diversamente al padre Vicario generale.
109. «Ferventi orazioni» durante i Capitoli
Durante la celebrazione del Capitolo generale si facciano continue e ferventi orazioni da tutti i frati del nostro Ordine; e nel tempo del Capitolo provinciale da tutti i frati della Provincia. Si pregherà la clemenza divina perché si degni di disporre tutte le nostre cose secondo il suo beneplacito, a lode e gloria del suo Nome e per il bene di tutta la sua santa Chiesa.
CAPITOLO NONO
110. Evangelizzazione e scelta dei predicatori
Annunciare la parola di Dio, ad esempio di Cristo Maestro di vita,
Perciò si ordina che nessun frate vada a predicare, se prima non sia stato esaminato e approvato dal capitolo generale o non sia stato autorizzato dal padre Vicario generale, come vuole la Regola.
Si neghi questo ministero a coloro che non sono di vita santa ed esemplare, di giudizio chiaro e maturo, di volontà forte e ardente, poiché la scienza e l’eloquenza senza la carità non edificano, anzi molte volte distruggono.
Stiano molto attenti i superiori, nell’affidare un tale compito, di non aver preferenza di persone,
Prendano esempio da Cristo, somma Sapienza,
111. «Predichino Cristo crocifisso»
Si impone ai predicatori di non raccontare favole nelle loro prediche, né novelle, poesie, storielle o altre dottrine vane, superflue, curiose, inutili, anzi dannose, ma, sull’esempio dell’apostolo Paolo, predichino Cristo crocifisso,
Questa è la sapienza divina che Paolo, nella sua santità, predicava tra i perfetti,
I predicatori dovrebbero citare solamente Cristo (la cui autorità prevale su tutte le persone e ragionamenti del mondo
112. Predicare «per sovrabbondanza di amore»
E perché all’ignudo e umile Crocifisso non si addicono parole accurate, ricercate e affettate, ma nude, pure, semplici, umili e chiare,
Anche Cristo, perfettissimo Maestro, ci diede il suo insegnamento non solo con la dottrina, ma con le opere.
113. «Predicare assiduamente»
Non credano di aver fatto assai se predicano soltanto la Quaresima o l’Avvento, ma si sforzino di predicare assiduamente, almeno tutte le feste, seguendo l’esempio di Cristo, specchio di ogni perfezione, che andava per la Giudea, la Samaria e la Galilea
114. «Ritornino alla solitudine»
Quando sentono affievolirsi il loro spirito
E così, facendo ora Marta ora Maria,
115. «Vivano da poveri e mendichi»
I predicatori non accettino inviti a pranzi, ma vivano da poveri e mendichi
Si guardino soprattutto da ogni forma di avarizia
Pertanto si proibisce che facciano questue predicando, né per sé né per i frati, affinché, secondo l’insegnamento apostolico, sia noto a tutti che non cercano i propri interessi, ma quelli di Gesù Cristo.
116. «Leggere Cristo»
Chi non sa leggere Cristo, libro della vita,
117. Sacra Scrittura, norma dei «predicatori evangelici»
Questo benedetto ministero della predicazione è molto eccellente e assai accetto a Cristo Dio nostro.
Per poter dunque meglio imprimere nel cuore dei predicatori la Regola e il modo da seguire per annunciare più degnamente il Cristo crocifisso,
118. Predicare la penitenza e la conversione
Mettano da parte tutte le vane e inutili questioni e opinioni, le declamazioni che sollecitano l’orecchio, le sottigliezze da pochi comprensibili, ma sull’esempio del santissimo precursore Giovanni Battista, dei santissimi Apostoli e di altri santi predicatori infiammati del divino amore, anzi sull’esempio dello stesso dolcissimo nostro Salvatore, predichino così: Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino.
E come il nostro serafico Padre ci ammonisce nella Regola, «annuncino i vizi e le virtù, la pena e la gloria, con brevità di discorso»,
119. Rispetto delle persone, onore alla Chiesa gerarchica e a tutti i predicatori
I loro discorsi siano ponderati e casti
E come ci esorta il serafico Padre nel suo Testamento,
E come ci insegna ancora il nostro santo Padre nello stesso Testamento,
120. «Ascendano il monte dell’orazione»
Affinché, poi, non succeda che, dopo aver predicato agli altri, vengano essi stessi squalificati,
121. «Non portino molti libri» – Biblioteca conventuale
Come già è stato detto, non portino con sé molti libri,
E perché fu sempre intenzione del nostro dolce Padre che i libri necessari ai frati si avessero in comune e non in privato,
I libri inutili dei gentili, che rendono l’uomo più pagano che cristiano, non si conservino nei nostri conventi, come si è detto precedentemente nel primo capitolo. Se per caso ve ne fossero, su disposizione del padre Vicario generale o provinciale, si diano ai poveri.
122. «Devoti e santi studi» e condizioni per esservi ammessi
Chi deve predicare degnamente e col dovuto ordine ha bisogno di avere non solo una vita religiosa e lodevole, ma anche qualche nozione delle Sacre Scritture, il che naturalmente non è possibile senza una sufficiente conoscenza delle umane lettere.
Affinché un così nobile e fruttuoso esercizio, come è la predicazione, nell’Ordine nostro non venga meno con gravissimo danno delle povere anime dei secolari, si ordina che vi siano alcuni devoti e santi studi,
A tale studio potranno essere ammessi quei frati che, a giudizio del Vicario provinciale e dei Definitori, saranno di fervente carità, di lodevoli costumi, di umile e santa conversazione; e inoltre siano talmente disposti a imparare che, in seguito, con la loro vita e dottrina, possano diventare utili e fecondi nella casa del Signore.
123. Esortazione agli studenti.
Gli studenti non cerchino di acquistare la scienza che gonfia, ma la illuminativa
Ma per meglio poter avere lo spirito di Cristo
124. Studiare in povertà e umiltà
Contemporaneamente si sforzeranno di non lasciare mai la via regia che conduce al paradiso,
«Scienza acquisita – mortal sì dà ferita – s’ella non è vestita – de core umiliato».
Sarà loro occasione di umiliarsi se riconosceranno di avere aggiunto un nuovo obbligo verso Dio, per essere stati ammessi allo studio e fatti degni di essere introdotti alla vera e soave comprensione delle Sacre Scritture, sotto il senso delle quali sta nascosto Colui, il cui spirito è più dolce del miele
125. Preghiera da recitarsi prima della lezione
Quando andranno a lezione, li esortiamo a ricordarsi di innalzare la loro mente a Dio, e in atteggiamento umile, con animo contrito
«Signore, io vilissimo servo tuo, indegno d’ogni bene, voglio entrare a vedere i tuoi tesori. Degnati di introdurmi così indegno come sono e, in queste parole e in questa santa lezione, donami la grazia di tanto amarti quanto conoscerti, perché non voglio conoscerti se non per amarti, Signore Dio, Creatore mio. Amen».
CAPITOLO DECIMO
126. Visita canonica ed esortazione dei Ministri ai frati
Si ordina che il padre Vicario generale si sforzi, nel suo triennio, di visitare personalmente tutti i conventi e i frati del nostro Ordine e che i Vicari provinciali sempre vadano visitando i loro fratelli.
Tanto loro quanto i guardiani non cessino di esortare con carità i loro frati alla perfetta osservanza dei precetti e consigli divini ed evangelici e della Regola che hanno professata e delle presenti Costituzioni e specialmente dell’altissima povertà,
E con ogni umiltà e carità correggano coloro che hanno sbagliato,
127. I frati, corretti, s’inginocchino e, se rispondono, facciano la disciplina
I frati obbediscano umilmente ai loro ministri in ogni cosa nella quale senza alcun dubbio non vedranno offesa al Signore.
Abbiano per i loro ministri, come vicari di san Francesco, anzi di Cristo nostro Dio, la dovuta riverenza;
Tutti i frati si sforzino con ogni zelo di emendarsi dei loro difetti, di acquistare le virtù celestiali con frequenti atti virtuosi e vincere le cattive abitudini con le buone.
Stiano attenti i ministri a non irretire le anime dei frati con precetti obbedienziali, se non saranno costretti da divina pietà o da necessità caritativa.
128. Accoglienza e obbedienza per i forestieri e benedizione per uscir di casa
Ugualmente si ordina che i frati forestieri siano ricevuti con ogni amore fraterno. Questi, come veri figli dell’Eterno Padre,
Anche i frati del posto, quando vanno fuori per qualche servizio, domandino prima la benedizione al proprio superiore e facciano lo stesso al loro ritorno.
129. Non mangiare senza permesso
Perché ogni cosa si faccia con il merito della santa obbedienza e con la dovuta devozione,
130. Evitare discorsi vani e le inutili peregrinazioni
Tutti i frati cerchino di evitare i discorsi superflui e vani.
E non si curino di visitare altre chiese per le indulgenze, perché molti sommi pontefici ne hanno concesso in maggior numero nelle nostre chiese.
131. Il «frate fuggitivo»
Ordiniamo che nessun frate fuggitivo da una provincia sia ricevuto e accettato in un’altra, senza il permesso scritto del padre Vicario generale. Se si farà diversamente, sia invalidata la sua accoglienza e chi l’avrà ricevuto sia gravemente punito ad arbitrio dello stesso padre Vicario generale.
132. Licenza per scrivere o ricevere lettere
Ad evitare possibili inconvenienti, si ordina che nessun frate giovane mandi o riceva lettere, senza licenza del suo superiore.
133. Accettare con umiltà di essere ministro dei frati
Sull’esempio del Signor nostro Gesù Cristo
Ma quelli ai quali per obbedienza sarà imposto il superiorato non siano pertinaci nel rifiutarlo, ma compiano il servizio loro affidato con ogni umiltà e sollecitudine.
134. Fuggire le mormorazioni
Esortiamo ancora tutti i nostri frati, secondo l’ammonizione del nostro Padre nel decimo capitolo della Regola,
CAPITOLO UNDICESIMO
135. Evitare la cura spirituale di monasteri, confraternite e congregazioni
Secondo il parere dei santi Dottori, particolarmente di san Girolamo, i servi di Dio devono evitare e, con santa cautela, fuggire la familiarità con le donne,
Perciò tutto il nostro Capitolo generale con grandissima maturità, dopo attento esame, stabilisce questo provvedimento che dovrà essere inviolabilmente osservato da tutto il nostro Ordine, e cioè: che per nessuna ragione, né sotto qualsiasi pretesto di bene, di virtù e santità, né a richiesta della gente o di signori, i nostri frati dovranno accettare la cura spirituale di monasteri e neppure di confraternite, né di congregazioni maschili o femminili; non siano loro confessori e non abbiano nessuna cura di loro.
Credano in questo più volentieri agli esempi vivificanti di Cristo, nostro Salvatore, e alle salutari dottrine dei Santi, che alle certezze umane.
136. «Non entrino nei monasteri»
Poiché spetta ai veri religiosi e servi di Cristo fuggire non solo i mali evidenti e i peccati, ma anche ogni cosa che possa mostrare un qualsiasi aspetto di male,
Quest’ultimo sia in ciò vigilante e avverta bene di non concedere facilmente tale licenza se non a frati maturi e solo in caso di necessità o di grande pietà, perché il nostro Padre san Francesco diceva che Dio aveva tolto ai frati la moglie, e il demonio aveva loro procurato le monache.
137. «Non abbiano sospetti consorzi e consigli di donne» – Memorabile esempio
E acciocché puri di cuore vediamo Dio
Costretti da necessità a parlare con loro, per dare buon esempio a tutti, se ne stiano sempre in luogo non appartato, così che siano veduti dal compagno e diffondano il buon profumo di Gesù Cristo in ogni luogo.
Conversino con purezza, discrezione e onestà,
Di san Ludovico vescovo, nostro frate, dice Papa Giovanni XXII nella bolla di canonizzazione, che l’amore della castità era talmente radicato nel suo cuore, fin dalla sua puerizia, che per la fedele custodia di essa egli evitava ogni incontro con le donne. Non parlava mai solo con sola, se non con la madre e le sorelle; aveva infatti conosciuto che la donna è più amara della morte.
E san Bernardo dice che due cose rovinano e confondono i frati: la familiarità con le donne e la ricercatezza dei cibi.
138. Clausura e discrezione
Inoltre non vogliamo che entrino donne nei nostri conventi senza grave necessità o per grande devozione, quando, senza scandalo, non si potesse offrire un rifiuto. Entrando siano in buona compagnia di uomini e di donne. Prima però di ammetterle si abbia il consenso dei frati del luogo.
Siano incaricati di accompagnarle due maturi e santi frati. Essi, con decorosa religiosità e ottimo esempio, parlino sempre di argomenti che edificano in Cristo, nostro Signore, e che riguardano la salvezza delle anime.
E non solo con le donne, ma anche con gli uomini secolari la nostra conversazione sia rara, perché una eccessiva familiarità con essi è dannosa per noi.
CAPITOLO DODICESIMO
139. Numero di frati nei conventi e comunione di vita
Perché più puramente si osservi la Regola insieme all’altissima povertà,
E per essere veri discepoli di Cristo si amino cordialmente,
140. Numero e peso delle campane – Suppellettili della chiesa e sagrestia
Si ordina che nelle nostre chiese vi sia solo una piccola campana di centocinquanta libbre o quasi.
E nei nostri conventi non vi sia altra sagrestia che un armadio, ovvero una cassa, con una buona chiave che un frate professo porti sempre con sé. In questo armadio o cassa siano riposte le cose necessarie al culto divino.
Si abbiano due piccoli calici, uno di stagno e l’altro con la sola coppa di argento. Non si posseggano più di tre poveri paramenti senza oro, argento, velluto o seta, o altra preziosità o curiosità, però molto lindi.
I pallii degli altari siano di panno non prezioso, i candelieri di legno, i nostri messali e breviari e anche tutti gli altri libri siano poveramente rilegati e senza alcun fregio e ornamento, in modo che l’altissima povertà
141. Guardare al Vangelo, alla Regola, alle consuetudini e ai santi
Poiché non è possibile fissare una legge o emanare statuti per tutti gli eventuali casi particolari che sono innumerabili, esortiamo, nella carità di Cristo,
142. Uniformità delle cerimonie – Per meglio conoscere san Francesco
Per l’uniformità delle cerimonie, tanto in coro quanto in ogni altro luogo, si legga la dottrina di san Bonaventura e le ordinazioni dei nostri antichi padri.
E per meglio conoscere in ogni cosa l’intenzione del nostro serafico Padre, si leggano i suoi «Fioretti», le «Conformità» e altri libri che parlano di lui.
143. Vocazione missionaria di alcuni «frati perfetti»
Poiché la conversione degli infedeli fu molto a cuore al nostro serafico Padre,
I frati non vogliano presuntuosamente giudicarsi idonei a un compito tanto difficile e pericoloso, ma con timore e umiltà rimettano il loro desiderio al discernimento dei loro ministri.
Si potrà ancora fare differenza tra infedeli assai mansueti, malleabili e disposti a ricevere facilmente la fede cristiana, come sono quelli scoperti di recente nelle Indie da Spagnoli o Portoghesi, e fra i Turchi e Agareni, i quali sostengono e difendono la loro maledetta setta con le armi e le torture.
I ministri non prendano in considerazione lo scarso numero dei frati, né si dolgano per la partenza dei buoni, ma rimettendo ogni loro sollecitudine ed ansietà in Colui che ha continua cura di noi,
144. Povertà e mondezza, senza curiosità o preziosità
Perché rimanga sempre in noi la povertà, santa sposa di Cristo nostro Signore, amata dal nostro Padre,
Come dice papa Clemente V nella sua Dichiarazione, Dio si compiace più del cuore puro e delle opere sante, che delle cose preziose e ben ornate.
Tuttavia nella nostra povertà dovrà risplendere ogni mondezza.
145. Leggere e praticare le Costituzioni; impegno dei Ministri
Siccome il nostro Salvatore cominciò prima ad agire e poi ad insegnare agli altri,
E se, forse, alcune prescrizioni in principio sembrassero piuttosto difficili, la santa consuetudine le renderà facili e piacevoli. E perché meglio s’imprimano nella mente dei frati e tutti le osservino, i guardiani le facciano leggere alla mensa almeno una volta al mese.
E benché non intendiamo con queste Costituzioni obbligare i frati sotto pena di peccato, tuttavia vogliamo e ordiniamo che i trasgressori di esse siano severamente puniti.
Se poi i guardiani saranno negligenti nell’osservarle e nel farle osservare e nel punire i trasgressori, siano essi ancor più gravemente puniti dai padri Vicari provinciali e questi dal padre Vicario generale.
146. Non cambiare le Costituzioni; Ordinazioni generalizie; «Santa uniformità»
Poiché le presenti Costituzioni sono state composte con grandissima diligenza e matura deliberazione e sono state approvate da tutto il nostro Capitolo generale e anche dalla Sede Apostolica, non si mutino senza il consenso del Capitolo generale.
E noi per l’appunto esortiamo tutti i nostri padri e fratelli, presenti e futuri, a non cambiare le presenti Costituzioni neppure nei Capitoli generali, perché, come abbiamo veduto per esperienza, i troppi cambiamenti delle Costituzioni hanno recato gran danno alla Religione.
E non si facciano costituzioni provincializie, ma, capitando altri casi particolari, si provveda e si diano prescrizioni nelle riunioni dei Capitoli generali, e si lascino immutate queste, secondo le quali tutto il nostro Ordine deve vivere ed essere regolato con santa uniformità.
147. Benedizione di san Francesco ai frati zelanti
II nostro serafico Padre, in punto di morte, lasciò larga benedizione della santissima Trinità agli zelanti e veri osservanti della Regola e vi aggiunse anche la sua paterna benedizione.
Perciò studiamola con diligenza e procediamo con affetto e amore sulla via perfetta che ci è stata mostrata e insegnata nella Regola stessa e nell’Ordine nostro, fuggendo ogni negligenza.
148. Amore filiale nell’osservare le Costituzioni
Servire solo per evitare il castigo appartiene unicamente agli spiriti servili
Perciò i frati si guardino sommamente dal trasgredire queste Costituzioni, come non obbligatorie sotto colpa alcuna, ma conoscendo di quale spirito siamo,
Si mantengano nello stato sublime della Religione e siano causa di molti beni al prossimo. Certamente è proprio dei buoni servitori non solo eseguire quelle cose ordinate con minacce dai loro padroni o signori, ma desiderare di compiacerli in molte altre cose.
149. Esortazione efficace alla comune regolare osservanza
Adempiendo, pertanto, queste prescrizioni, eleviamo gli occhi al nostro Redentore
La grazia di Dio ci libererà dai pericoli per mezzo di Gesù Cristo.
150. Desiderio della gloria celeste e famosa predica di san Francesco
Ricordiamoci, padri e fratelli carissimi, spesse volte di quel sacro e memorabile argomento che il nostro serafico Padre trattò in una sua famosissima predica a più di cinquemila frati:
151. Attrazione del Padre per andare a Cristo con gioia
Queste cose che abbiamo promesso, benché grandi, tuttavia sono un nulla a paragone di quel premio eterno che Dio vuole darci,
Comportiamoci quindi da uomini,
152. Elevazione contemplativa per Cristo al Padre nello Spirito
In Cristo, dunque, il quale è Dio e uomo,
In Cristo tutto è dolce, facile, leggero,
A Cristo che con il Padre e con lo Spirito Santo coeterno e consustanziale, coeguale ed unico Dio vive e regna, sia sempiterna lode, onore, potenza e gloria nei secoli dei secoli.
SIGlE E ABBREVIAZIONI
Scritti di Francesco e Chiara d’Assisi
Am Ammonizioni
Aud “Audite, poverelle” (1225)
BfL Benedizione a frate Leone
Cant Cantico di frate Sole (1225)
Eslod Esortazione alla lode di Dio
Fvit Forma di vita (alle “povere signore”)
LAnt Lettera a frate Antonio
1Lch Lettera a tutti i chierici (1ª redazione)
2Lch Lettera a tutti i chierici (2ª redazione)
1Lcus Prima lettera ai custodi
2Lcus Seconda lettera ai custodi
1Lf Lettera ai fedeli (1ª redazione)
2Lf Lettera ai fedeli (2ª redazione)
LfL Lettera a frate Leone
Lmin Lettera a un ministro
LodAl Lodi di Dio Altissimo (1224)
Lora Lodi per ogni ora
LOrd Lettera a tutto l’Ordine
Lrp Lettera ai reggitori dei popoli
Pater Parafrasi del “Padre nostro”
PCr Preghiera davanti al Crocifisso
Plet Della vera e perfetta letizia
Rb Regola bollata (1223)
Rer Regola di vita negli eremi
Rnb Regola non bollata (1221)
RsC Regola di santa Chiara d’Assisi
SalV Saluto alla beata Vergine Maria
Salvir Saluto alle virtù
1Test Testamento di Siena (aprile-maggio 1226)
2Test Testamento (1226)
TestsC Testamento di santa Chiara d’Assisi
UffPass Ufficio della Passione del Signore
Uvol Ultima volontà (alle “povere signore”)
Biografie di Francesco d’Assisi
AP Primordi o fondazione dell’Ordine [Anonimo perugino]
CA Compilazione di Assisi [Leggenda perugina]
1Cel Vita del beato Francesco [Vita prima], di Tommaso da Celano
2Cel Memoriale nel desiderio dell’anima [Vita seconda], di Tommaso da Celano
3Cel Trattato dei miracoli di san Francesco, di Tommaso da Celano
Clar Libro delle cronache o delle tribolazioni dell’Ordine dei frati minori, di Angelo Clareno
3Cp Leggenda dei tre Compagni
Fior I Fioretti di san Francesco
FiorCons Delle sacre stimmate di santo Francesco e delle loro considerazioni
3LAg Lettera terza alla beata Agnese di Boemia
LM Leggenda maggiore, di Bonaventura da Bagnoregio
Lm Leggenda minore, di Bonaventura da Bagnoregio
SCom Sacrum Commercium sancti Francisci cum domina Paupertate
SP Specchio di perfezione
- cf Mt 21:33; Is 5:1-7; 27:2-5 ↑
- Ct 4:4 ↑
- cf Rm 8:9; Jn 6:64; Gal 2:20; Fil 1:19.21 ↑
- LM 12,2; 14,4; CA13-14,17,76; SP 76,85; 1Cel 55,84 ↑
- cf 2Pt 1:17-19 ↑
- Mt 3:17; 17:5 ↑
- Rb 1,2; 12,5 ↑
- cf 2Cel 208; SP 76 ↑
- 2Test 17 ↑
- cf Mt 13:3-8, 18-30; Mk 4:3-20; Lk 8:5-15 ↑
- cf Rm 8:9; Rb 10,10 ↑
- cf Rm 11:33; 1Cor 2:7; Eph 3:9; Jm 3:15 ↑
- Phil 2:8 ↑
- Mt 11:25; Lk 10:21 ↑
- Mt 6:22-23; Lk 11:34-35 ↑
- cf 2Cel 192 ↑
- Col 2:3 ↑
- cf 2Test 47; CA 113; SP 1 ↑
- cf SP 16, 23, 27, 71, 81; CA 2, 61, 76, 85, 87 ↑
- cf 2Cel 16-17; LM 3,10; 3Cp 50-51 ↑
- 2Test 41 ↑
- Jn 8:39 ↑
- cf CA 2, 38, 61, 76, 8587 ↑
- cf 1Cel 80; 2Cel 165; LM 8,6; CA 49; SP 118-119 ↑
- cf Phil 2:7-8 ↑
- 1Pt 2:13; Rnb 16,7 ↑
- Lk 14:10; 1Cor 4:9 ↑
- cf 2Cel 148 ↑
- Phil 2:8, 7-8; Mt 11:29 ↑
- Gal 3:13; 4:4 ↑
- cf Mt 17:24-27 ↑
- CA 115; SP 50; 2Test 23 ↑
- 2Test 10; LM 4,3; CA 15; SP 10 ↑
- cf 2Cel 151; LM 6,4; CA 106; SP 46 ↑
- 2Test 30-31 ↑
- Mt 22:14 ↑
- CA 75-76; SP 71; 2Cel 162 ↑
- Mt 23:8 ↑
- Mt 19:21 ↑
- LM 11,2; SP 14, 73; 2Cel 216 ↑
- cf 2Test 19; 2Cel 15; LM 3,3; CA 20 ↑
- Rb 2,7 ↑
- Mt 23:15 ↑
- Jn 1:9; 8:12; 14:6 ↑
- cf Mt 11:29 ↑
- cf Eph 3:16-17; Col 2:7 ↑
- Eph 4:24; Rm 13:14 ↑
- Mt 11:8 ↑
- Ps 83:11 Vulg; CA 102 ↑
- cf Rb 2,17; Rnb 2, 14-17; LM 5,2 ↑
- 2Test 20-21 ↑
- Rb 2,15; Rnb 2,13 ↑
- cf 1Thess 5:19; 2Cel 69; SP 15 ↑
- 2Cor 8:9 ↑
- 3Cel 2; LM [Miracoli] 1,1 ↑
- cf Gal 6,14 ↑
- Mt 8:20; Lk 9:58 ↑
- cf Mt 26:41; Mk 14:38; Lk 21:86; 1Pt 4:7 ↑
- LM 5,1; 1Cel 52 ↑
- cf Mk 1:12-13 ↑
- cf Mk 6:9 ↑
- cf SCom 10-12 ↑
- cf 1Cor 9:24; Hb 12:1 ↑
- cf Jn 12:14 ↑
- 1Cel 98; LM 7,12; CA 30,54 ↑
- cf Mt 11:29 ↑
- cf Is 50:6 ↑
- cf 2Cel 24-25; 3Cp 46,63; AP 31; SP 78 ↑
- Regola Rb 3,2 ↑
- 2Test 37 ↑
- LM 13,9; Lm 2,8 ↑
- cf Ps 138:1 ↑
- Eph 6:6; Col 3:22 ↑
- Jer 48:10 ↑
- LOrd 15-37 ↑
- Hb 6:29; 9:11 ↑
- Hb 12:2; Rm 5:8; Phil 2:6; 1Pt 1:18-19 ↑
- Am 1 ↑
- cf 1Sam 7:3 ↑
- cf 2Cel 97 ↑
- LOrd 51-53 ↑
- Eph 5:19; 1Cor 14:15 ↑
- Mt 15:8; Mk 7:6 ↑
- Rb 3, 3-5; Rnb 3, 10-14 ↑
- Rb 6,5 ↑
- cf 2Cel 146; CA 15; SP 54 ↑
- cf 1 Jn 3:17 ↑
- Rb 3,5 ↑
- cf Lv 6:2 ↑
- Rb 5,3; 10,10-11; LM 10,1 ↑
- cf 1Tm 5:17; Rnb 22,25; 23,32; Am 16 ↑
- cf Mt 23:8; Jn 13:14 ↑
- Jn 4:24; Rnb 22,30-32; Am 15,2; 2Lf 19 ↑
- Rb 1,3; 12,4-5 ↑
- Gc 1,26 ↑
- cf LM 5,6 ↑
- Mt 12:36; cf Jn 3:16 ↑
- cf Gc 1,5 ↑
- cf 2Cel 160; CA 78; SP 82 ↑
- cf Mk 6:7; Lk 10:1 ↑
- cf Mt 18:15-17; Lk 17:3 ↑
- cf Rb 3,11 ↑
- cf Phil 2:8; Mk 10:43-45; Lk 22:24-27 ↑
- Mt 23:8 ↑
- 2Test 27; Rb 3,14 ↑
- Lk 10:5-6; Mt 10:12-13 ↑
- cf 3Cp 26; CA 67; LM 3,2 ↑
- cf Lk 6:36 ↑
- Ps 55:23; 1Pt 5:7; Phil 4:6 ↑
- cf Mt 6:25-34; Lk 12:22-31 ↑
- cf Mt 5:45; Lk 6:35 ↑
- Mt 23:8 ↑
- cf Jn 7:8-10,14 ↑
- 1Cor 4:9 ↑
- cf Rm 2:24; 2Pt 2:2 ↑
- cf Mt 4:2; Lk 42 ↑
- cf Rb 3,6-10; LM 9, 2-3; CA 93; 2Cel 197 ↑
- LM 5,1; 1Cel 51; 3Cp 15 ↑
- Lk 21:34 ↑
- LM 5,1 ↑
- ibid. ↑
- Jn 19:29-30; Mt 27:34,48 ↑
- cf CA 95; SP 94 ↑
- Rb 4,3; 6,11 ↑
- cf 2Cel 175; SP 42 ↑
- cf Gen 18:2; 19:1ff; Tb5:4ff; Jg 6:11-24; 13:3-23; Heb 13:2 ↑
- cf Jn 13:5 ↑
- Lk 17:10 ↑
- cf Rm 7:14-25 ↑
- cf Jn 19:1 ↑
- 1Tm 6:10 ↑
- Rb 4,2 ↑
- cf Rb 4,2. 4; 5,4 ↑
- Lk 12:15 ↑
- cf Rb 6,5 ↑
- cf 2Cel 55,72; LM 7,1; SCom ↑
- cf Rnb 8,7; 2Cel 68; LM 7,5 ↑
- Mt 13:46 ↑
- cf 2Cel 164, 188; CA 70,75-77; SP 72; Lm 3,9 ↑
- cf Uvol; 2Lf 5; LM 7,1; 2Cel 83,200 ↑
- cf Rb 6,5 ↑
- cf Mt 13, 44-46 ↑
- cf Rb 5,4 ↑
- cf Rb 4,3 ↑
- Jn 6:63-64; 2 Cor 4:10,16; Eph 3:16; Rm 8:13; 1Pt 3:18 ↑
- 2Cor 8:9; Phil 2:6-7;1Pt 2:21 ↑
- cf Ps 91:6 ↑
- 2Cor 11:14 ↑
- cf SCom 43-50 ↑
- cf SCom 38 ↑
- cf 1Cor 6:17 ↑
- cf Col 3:1-2 ↑
- cf Lk 10:25-28; Mk 12:28-34; Dt 6:5 ↑
- Rb 6,5 ↑
- cf 2Cel 161 ↑
- cf Rb 3,12; 10,8-15 ↑
- Sir 33:28 ↑
- cf 2Cel 161 ↑
- cf Acts 18:3; 20:34; 2Thess 3:7-9; 2Cor 11:9 ↑
- Rb 5 ↑
- 2Test 25 ↑
- cf CA 78; SP 75 ↑
- cf Rb 5,3 ↑
- cf 1Cor 7:31 ↑
- cf Jm 1:17; 1Cor 8:6 ↑
- cf Hos 4:8 ↑
- cf 2Cor 5:10; Rm 14:10-12 ↑
- Mt 12,36 ↑
- Rb 6,5 ↑
- Lk 2,7 ↑
- cf Mt 25:35 ↑
- Mt 8:20; Lk 9:58; Jn 19:30 ↑
- 2Cor 8:9 ↑
- Rb 6,2-3; 2Test 28-29 ↑
- Ps 39:13; 1Pt 2:11 ↑
- cf Eph 2:19 ↑
- cf Ps 119:32 ↑
- cf SCom 19-22; 2Cel 55-56; LM 7, 1-2 ↑
- cf CA 112 ↑
- cf CA 14-16; SP10 ↑
- cf CA 16; SP 10 ↑
- cf Heb 11:13; Gen 23:4 ↑
- 2Test 28-29 ↑
- LM 7,2; CA13; 2Cel 59; SP 9 ↑
- cf CA 16; SP 10 ↑
- cf CA 77; SP 11 ↑
- cf LM 7,2 ↑
- 2Cel 70 ↑
- cf CA 14-16; SP 10; LM 10,3 ↑
- cf CA 16 ↑
- Rer ↑
- cf 2Cel 165; SP 118 ↑
- Mt 5:25-34; Lk 12:22-31 ↑
- cf 1Tm 6:15 ↑
- Ws 7:26 ↑
- Rb 6,5 ↑
- cf 1Jn 3:1; Rm 8:15-15 ↑
- Phil 4:6 ↑
- 1Pt 5:7 ↑
- cf 2Cel 162; SCom 38 ↑
- cf 2Cel 16-17; 3Cp 50-51 ↑
- LM 14,4 ↑
- CA 111; SP 12; 2Cel 87 ↑
- LM 7,6; 8,5; 2Cel 83; anche Rnb 8,10 ↑
- CA 52,54; 2Cel 86-90 ↑
- CA 53; SP 34 ↑
- 2Cor 6:10 ↑
- cf Lk 12:33; Mt 6:19-20 ↑
- 2Cor 6:10 ↑
- Rb 4,2; 6,9; Rnb 10 ↑
- cf Mt 7:12; Lk 6:31 ↑
- Rb 6,10-11; Am 18 ↑
- cf 1Jn 3:15; 2Cor 5:14; Eph 5:2,25 ↑
- 1Cor 9:24-26; Heb 12:1-2 ↑
- cf CA 115; SP 50 ↑
- cf Rnb 20 ↑
- cf 1Cor 11:28-29,31 ↑
- cf Am 1,22-23 ↑
- cf 2Test 13 ↑
- cf Rnb 20,2-3 ↑
- Rnb 7,15 ↑
- Rb 7,2 ↑
- cf Ps 51:19 ↑
- cf Lk 15:1-2; Mt 9:10-12 ↑
- Jn 10:11 ↑
- Lk 15:20-24 ↑
- Lk 15:4-7; Mt 18:12-14 ↑
- Jn 8:6-8 ↑
- cf 2Cel 177; Fior 26 ↑
- cf Mt 9:13; 1Tm 1:15 ↑
- cf Ps 143:2; Rm 3:20 ↑
- cf Rnb 5,10-11; Rb 7,5; Am 11 e 18; Lm14-15 ↑
- 2Cel 185; SP 80 ↑
- cf Jn 21:15-19 ↑
- Mt 18:21-22; Lk 17:3-4 ↑
- cf Lmin 8-10 ↑
- Jn 8:11; 5:14 ↑
- Rb 7,3 ↑
- cf Dt 32:9; 1Cor 3:9; CA 67; SP 26 ↑
- cf Is 22:12; Ez 9,4; LM Prologo, 2; 5,8 ↑
- cf Mt 10:38; 16:24; Lk 9:23; 14:27 ↑
- Rb 7,3 ↑
- cf Ex 16:3; Nm 11:4-5 ↑
- cf Dn 3:49-90 ↑
- cf Rnb 5,10-11; Lmin 15 ↑
- ↑
- cf Pr 25:9 ↑
- Eph 1:6,12,14 ↑
- cf Rm 14:19; 1Cor 14:26; Heb 12:14 ↑
- cf 1Pt 1:9; 2Cor 1:6; LM 8,4; 2Cel 185-186 ↑
- cf Mt 11:29 ↑
- cf Mt 20:25 ↑
- Mt 20:28; Rnb 4,5 ↑
- Rb 10,2.7 ↑
- Jn 6:64 ↑
- cf 2Test 15; Rnb 5,12-18; 2Cel 185-186 ↑
- cf Lk 14:10 ↑
- cf Is 14:13-14 ↑
- Mt 19:30; 20:16; Lk 13:30 ↑
- cf Jn 6:15; SP 64; 2Cel 148; CA 83; LM 6,5 ↑
- Heb 5:4 ↑
- Rb 8,3-4; Rnb 18,2; 2Cel 193 ↑
- Rnb 18,1; Rb 8,6 ↑
- cf Rb 8,3 ↑
- Rb 8,5 ↑
- cf Mt 23:8; Lk 4:43; LM 4,2; 1Cel 35 ↑
- Rb 9,3; Rnb 17,1-2 ↑
- 1Cor 8:2 ↑
- cf Eph 6:9; 1Pt 1:17; Rm 2:11; Col 3:25 ↑
- cf Gal 1:10; 1Thess 2:4,6 ↑
- cf Col 3:22-23 ↑
- 1Cor 1:30 ↑
- cf Lk 6:12-13; 10:1 ↑
- 1Cor 1:23 ↑
- Col 2:3 ↑
- 1Cor 2:6-7 ↑
- 1Cor 13:11 ↑
- cf Col 2:17; Heb 8:5; 1Cor 10:6,11 ↑
- cf Mk 1:22; Mt 7:29; Lk 4:32; 1Cor 1:25 ↑
- cf Rb 9,4; 2Cel 189 ↑
- cf LM 12,7 ↑
- Acts 9:15 ↑
- 1Cor 2:1,4; Col 1:28-29 ↑
- cf Col 2:7 ↑
- cf 1Cor 6:19; Rm 8:9; LOrd 29 ↑
- cf 2Cel 163,194; LM 9,2 ↑
- 1Tm 2:7 ↑
- Rm 15:18; SP 4; CA 74 ↑
- cf Acts 1:1; SP 73 ↑
- Mt 5:19; 2Cel 180 ↑
- cf Mt 4:23; Lk 4:44; 17:11; Mk 1:39 ↑
- Lk 8;1; Mt 9:35 ↑
- Jn 4:7ff ↑
- cf 1Thess 5:19 ↑
- cf Lk 10:38-42; Rer ↑
- cf Jn 8:1-2 ↑
- cf Jn 3:13; 6:38-39 ↑
- cf Ps 40:18; 2Test 28-29 ↑
- cf Lk 12:15; 1Thess 2:5; Heb 13:5 ↑
- cf Phil 1:14-18; 2Tm 2:9 ↑
- cf 2Cor 9:8 ↑
- Phil 2:21; 2Cor 2:17 ↑
- Apoc 3:5; 21:27 ↑
- cf 1Cor 2:2 ↑
- cf Col 2:3; Rm 8:32; 2Cel 105 ↑
- cf 1Cor 1:17 ↑
- cf Eph 2:4; Rm 5:8; 2Cor 5:14; 1Jn 4:9 ↑
- cf Mt 4:23; 9:35; Mk 1:14; 13:4,10; Lk 8:1; 4:18,43 ↑
- cf 1Cor 1:23 ↑
- 1Cor 1:23 ↑
- Mk 1:15 ↑
- cf 1Pt 1:9 ↑
- cf 2Tm 1:11; Mk 16:15 ↑
- Mt 3:2; Rnb 21,3; 3Cp 36; 1Cel 16,29; LM, Prologo, 1; 2,5; 2Cel 3-4 ↑
- Rb 9,5 ↑
- 1Pt 1:19 ↑
- Rb 9,4 ↑
- cf Gen 1:27; 1Cor 11:7; Col 3:10 ↑
- 2Test 8-11 ↑
- 2Test 15; 2Cel 163 ↑
- Jn 6:63 ↑
- 1Cor 9:27 ↑
- cf Mt 14:23; Jn 6:15; Ex 19; SP 73 ↑
- cf LM Prologo,1; 14,1 ↑
- cf 2Cel 163-164; CA 70 ↑
- SP 3 ↑
- LM 4,3 ↑
- cf 2Cel 180; 3Cp 43 ↑
- cf 2Cel 163 ↑
- cf Ps 52:10 ↑
- cf Eph 5:14 ↑
- cf Rm 8:35; 2Cor 5:14 ↑
- 1Cor 8:2 ↑
- cf Rb 5,2-3; 10,9-11; L Ant; 2Cel 164,195;CA 70-71; SP 4,72; LM 11,1 ↑
- Rm 8:9; Rb 10,10 ↑
- cf 2Cel 192 ↑
- cf 1Cor 2:16 ↑
- 2Cor 3:6; Am 7 ↑
- cf 2Cel 200; LM 7,1 ↑
- Salvir 2,11-12 ↑
- cf Sir 24:19; Ps 19:11; 119:103; Ez 3:3; Apoc 10:10 ↑
- cf 2Cel 199; LM 10,6 ↑
- Dn 3:39; Ps 51:19 ↑
- Rb 10,2; Rnb 4,1 ↑
- Rb 6,5 ↑
- cf CA 102; SP 44; LM 7,2; SCom 1-2 ↑
- Rb 10,2 ↑
- cf Lk 10,34 ↑
- cf 2Cel 151; LM 6,3; CA 104; SP45 ↑
- cf 3Cp 43; AP 30 ↑
- Am 23 ↑
- Rnb 11 ↑
- cf Rnb 22 ↑
- cf 2Cel 153; SP 49 ↑
- 1Jn 3,1-2 ↑
- cf Rb 5,3 ↑
- cf Am 21; Rnb 11,1-2; LM 5,6; CA 78,80; SP 72 ↑
- cf Mt 20:28; Mk 10:45; 14:36; Phil 2:8 ↑
- cf 2Cel 143, 151; CA 105-106; SP 39,46; LM 6,4 ↑
- Am 4; 20; 2Cel 145 ↑
- cf Am 20; 24,1 ↑
- Rb 10,8 ↑
- cf CA115 ↑
- cf Phil 2:3 ↑
- cf Am 12; 26; 2Test 10; 1Test 5; 2Cel 146; CA 17; SP 87 ↑
- cf 2Cel 112-114; LM 5,5 ↑
- cf Rnb 12 ↑
- cf 1Thess 5:22 ↑
- Rb 11,3 ↑
- Mt 5:8 ↑
- cf Mt 6:22-23; Lk 11:34-36 ↑
- 1Cor 2:9; Am 16 ↑
- Rb 11,2; Rnb 12,1 ↑
- 2Cor 2:14-15 ↑
- cf LM 5,5; 2Cel 112 ↑
- Qo 7:26 ↑
- Rb 6,5; 2Test 47 ↑
- cf 1Cor 14:40 ↑
- cf Mt 18:20 ↑
- Acts 4:32 ↑
- 2Cor 13:11 ↑
- Jn 13:35 ↑
- Gal 6:2; Col 3:13 ↑
- 1Jn 4:7-21; 1Pt 4:8; 1Thess 3:12; Rm 12:10; Rb 6,8-10; Rnb 7,16; 9,13-14; 11,4-5 ↑
- Rm 15:2; 2Cor 6:3; 2Cel 155 ↑
- cf Col 3:5-8 ↑
- Mt 11:12 ↑
- cf CA 18; SP 56 ↑
- Rb 6,5 ↑
- cf 2Cel 60 ↑
- cf Mt 6:19-21; 19:21; Lk 12:33-34 ↑
- 2Cor 5:14; Rm 8:35 ↑
- cf Col 3:1-2 ↑
- cf 1Tm 1:17; 1Pt 1:9; 2Cor 1:6 ↑
- Jn 16:13; 1Jn 2:27 ↑
- cf 2Cel 152; SP 48 ↑
- Ps 55:23 ↑
- cf Jn 14:26; 16:13; Mt 10:20 ↑
- 1Cor 16:14 ↑
- Rm 13:10; 1Cor 13:4-7 ↑
- cf 2Cel 55; SCom; LM 7, 1-2 ↑
- cf CA 75; SP 5 ↑
- cf 1Sam 15:22; Hos 6:6 ↑
- Acts 1:1; SP 73 ↑
- cf 2Test 48-49; 2Cel 208; LM 14,5; SP 87 ↑
- cf SCom 55, 65; SP 76,80-81; 2Cel 221; CA 96 ↑
- cf 1Jn 4:18; 2Tm 1:7; Rm 8:15; Jn 15:15 ↑
- Jn 10:12-13 ↑
- Gal 4:7; 1Jn 3:1; Rm 9:16 ↑
- cf Rm 8 ↑
- Prov 1:9 ↑
- Rm 8:29 ↑
- cf Gal 3:13-14; 4:4-5; Mt 5:17-19 ↑
- cf Jn 8:29; 1Jn 3:22; Rm 15:2 ↑
- cf Ps 123:1-2; Heb 12:2 ↑
- cf 2Tm 2:4; Col 1:10; Heb 13:21; Jn 8:29; Tb 14:10 ↑
- 2Cor 12:9; Rm 7:24-25; 2Tm 4:18; Mt 6:13 ↑
- 2Cor 1:5 ↑
- Phil 4:13 ↑
- 2Tm 2:7 ↑
- 1Cor 1:24 ↑
- cf Ps 25:5; Jn 4:42; Lk 2:11; 1Tm 4:10; Tit 2:11; 3:4,6 ↑
- Jm 1:5 ↑
- Heb 1:3 ↑
- cf Fior 18,2; 2Cel 191 ↑
- cf 2Pt 1:4; 2Cor 5:2-4 ↑
- Mt 25:41 ↑
- Rm 8:18; 2Cor 4:17-18 ↑
- Mt 22:14 ↑
- Prov 12:14; Mt 16:27; Rm 2:6-8; Apoc 2:23; 22:12 ↑
- Mt 25:46; Jn 5:9 ↑
- Rm 8:18; 2Cor 4:12 ↑
- 1Cor 16:13 ↑
- Ps 103:14 ↑
- Col 1:11 ↑
- Jm 1:17; Eph 4:8 ↑
- Rm 5:15 ↑
- cf Phil 4:4-5 ↑
- 2Cor 4:18 ↑
- 1Tm 2:5 ↑
- Jn 1:9 ↑
- Heb 1:3 ↑
- Wis 7:26 ↑
- Acts 10:42; Jm 4:12 ↑
- Jn 4:42; 1Tm 4:10 ↑
- Jn 1:32-34 ↑
- Mt 11:30; 1Jn 5:3 ↑
- Jn 1:4; 8:12; 12:46; 1Jn 1:5 ↑
- Gen 49:10; Lk 2:30-32 ↑
- Rm 10:4 ↑
- Lk 3:6 ↑
- Is 9:6 ↑
- 1Tm 1:1 ↑
- 1Cor 1:30 ↑
- cf Jude 25; Apoc 5:13 ↑